“Salvare la fraternità”, sulla scorta della Fratelli tutti

Al “Giovanni Paolo II”, primo incontro del progetto con intellettuali credenti e non. Boella: le pensatrici e il «pensare da sé». Recalcati: «L’umanesimo, parola chiave»

Il primo evento relativo all’appello “Salvare la fraternità. Insieme”, pubblicato lo scorso 8 giugno da un gruppo di teologi e filosofi con l’intento di coinvolgere, alla pari, intellettuali credenti e non credenti disposti a considerare la parola di Dio un bene comune in nome di uno spirito di “fraternità intellettuale”, ha avuto luogo venerdì pomeriggio, 1° ottobre, nell’auditorium “Carlo Cafarra” del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, a piazza di San Giovanni in Laterano. Se l’ultima enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” può essere letta come un invito a un impegno comune per fare dell’amicizia sociale e della fraternità le strade da seguire per costruire un mondo più giusto e pacifico, il progetto promosso dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e gran cancelliere dell’istituto universitario, è sicuramente un’applicazione pratica degli intenti espressi dal pontefice. Il presule, introducendo i lavori, ha infatti spiegato come nella cornice del testo magisteriale, che «offre quella visione di cui abbiamo bisogno per costruire la famiglia umana nella casa comune, l’appello si rivolge a tutti e apre un dialogo con chi è ricercatore della verità e del senso della vita», perché nella società odierna «i tanti “io” hanno limitato il senso della comunità e oggi c’è bisogno di un nuovo “noi”».

In dialogo con monsignor Pierangelo Sequeri, preside emerito e docente dell’Istituto teologico intitolato a Papa Wojtyla, a cui sono state affidate le conclusioni, la filosofa Laura Boella e lo psicanalista Massimo Recalcati, alla presenza del nuovo preside Philippe Bordeyne, in carica dallo scorso settembre. Il nucleo centrale della riflessione di Boella, che ha aperto i lavori moderati dalla teologa Isabella Guanzini, è stato «”il pensare da sé” tanto caro a Lessing, che è proprio più delle pensatrici che dei pensatori del ‘900 – ha sottolineato -. Se da un lato, infatti, gli intellettuali sono caduti nella trappola del pensare non autonomamente ma in consonanza con un’ideologia o un partito, temendo altrimenti il rifiuto o l’isolamento, dall’altra in nessuna delle pensatrici del secolo scorso si ritrova la subalternità a un pensiero e questo dice di una responsabilità e di un modo con cui tali pensatrici hanno risposto all’appello del loro tempo: mettendosi in relazione con gli accadimenti del mondo». Delineato questo modello di riferimento di intellettuale a cui ambire anche oggi, Boella ha quindi riflettuto sulla «necessità, rispetto alla sfida che la fraternità pone, di un kairòs, ossia di un momento opportuno che è, insieme, irruzione del nuovo, inversione di rotta rispetto al già noto», perciò «parlare di fraternità significa parlare del futuro ossia qualcosa che va molto oltre la diagnosi della crisi del presente», la cui cura sembra essere «l’empatia, cioè il riconoscimento dell’altro».

Da parte sua, Recalcati, che ha visto nell’appello «una lettera ma anche una supplica e un grido», ha osservato come «la parola-chiave di questo manifesto è  “l’umanesimo”», attualmente «degenerato nella condizione delirante dell’antropocentrismo», rispetto alla quale «la centralità della fratellanza si pone come questione decisiva». Ancora, lo psicanalista ha notato come «l’unico modo per rendere credibile questo appello è testimoniarne la verità», partendo anche dal considerare «i fallimenti della fraternità e della fratellanza di cui il testo biblico racconta con Caino e Abele, nella parabola del figliol prodigo, nella storia di Giuseppe e i suoi fratelli o con i tradimenti di Pietro e di Giuda», esperienze che dicono quanto da sempre «per l’uomo l’esperienza del fratello sia fondamentale perché ci insegna che non siamo tutto e per l’uomo il “non-tutto” è difficile, perché egli tende per natura a voler essere e avere tutto». In conclusione, le osservazioni di Sequeri che, riprendendo i nuclei centrali degli interventi, ha rimarcato l’importanza di «una certa etica dell’intellettuale capace di pensare da sé, che è altra cosa del pensare semplicemente per sé, dimenticando l’altro», e che «l’umanesimo, come insegnano l’arte e la letteratura», lungi dall’essere un attaccamento alla dimensione umana, «è primariamente un invito alla ricerca della trascendenza nell’immanenza».

4 ottobre 2021