Sale della comunità, strumento di evangelizzazione che non teme la crisi

È il profilo che emerge dalla ricerca condotta dall’Università Cattolica e finanziata dall’Acec, pubblicata nel volume “I nuovi Cinema Paradiso”

È il profilo che emerge dalla ricerca condotta dall’Università Cattolica e finanziata dall’Acec, pubblicata nel volume “I nuovi Cinema Paradiso” (Vita e Pensiero)

Una realtà viva e ramificata, che ha saputo tenere botta nei momenti di crisi e può essere ancora una risorsa importante nel campo dell’evangelizzazione. È il profilo delle Sale della Comunità (SdC) che emerge dalla ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicata nel volume “I nuovi Cinema Paradiso” (Vita e Pensiero). Sono 804 le SdC censite nel 2016 dall’Acec, che ha finanziato lo studio di Alberto Bourlot e Mariagrazia Fanchi. Tra esse figurano esercizi sta­gionali o la cui attività è discontinua, ma anche così il numero è impor­tante e attesta una presenza rilevante in controtendenza rispetto alla contrazione, pur lenta e costante, dei cinema. Il 62% delle sale si trova nell’area del nord-ovest, il 28% nel nord-est e il restante 10% è distribuito fra centro e meridione.

Uno squilibrio che tende a ridursi se si prendono in considerazione le SdC di più recente apertura. Il 44% delle sale è ubicato in centri medio-piccoli, con meno di 10mila abitanti. Si tratta di un lascito del passato e, insieme, di un tratto costitutivo da leggersi nel quadro del loro mandato pastorale. La presenza capillare nei centri urbani di piccole dimensioni evidenzia una caratteristica unica delle SdC, ovvero la funzione compensativa svolta lì dove l’esercizio industriale non arriva. Quanto alla dislocazione nelle grandi città, non sorprende che la stragrande maggioranza si trovi nelle aree periferiche.

Il rapporto che le sale instaurano con il territorio appare duraturo. Il 70% è attivo da oltre vent’anni e il 30,16% ha fra i quaranta e i sessant’anni di vita. La capacità di resilienza trova ragione soprattutto nella missione pastorale delle SdC e nel loro modello gestionale, che beneficia in molti casi dell’assenza di alcune voci di spesa. Le sale mostrano di sapere cogliere i cambiamenti che investono il territorio e di interagire con le istituzioni. Chi è più sistematico nella collaborazione con le amministrazioni locali sono le SdC che si trovano nel nord-est del Paese (30,88%), contro il 39% delle sale del centro e delle regioni meridionali e insulari che dichiarano di non collaborare mai (o quasi) con le amministrazioni e gli enti pubblici.

Ad occuparsi della sale sono per il 90,44% uomini, con età media di 52 anni, in prevalenza pensionati che si dedicano a titolo gratuito. La quota di donne (9,56%) è ancora minoritaria, ma in crescita. I gestori hanno un profilo professionale variegato: pensionati (26%), impiegati e quadri (25%), sacerdoti e religiosi (16,5%), liberi professionisti (8%), insegnanti ed educatori (5%), dirigenti e imprenditori (4%). Il numero di laici è cresciuto significativamente, tanto che la sala è gestita da sacerdoti o religiosi solo nel 16,5% dei casi. Aumenta, inoltre, l’incidenza dei gestori che percepiscono un compenso per l’attività svolta (13,6%) tra le “nuove leve”. Dal punto di vista finanziario, il 65,48% dei parroci considera la SdC una risorsa per la parrocchia. Le attività della sala sono economicamente autosufficienti nel 76,71% dei casi, dunque sostanzialmente si tratta di una realtà in grado di reggersi da sola. La polifunzionalità delle SdC è un tratto distintivo nel panorama dell’offerta mediatica. Se l’attività cinematografica resta la più diffusa (94,51%), si ritagliano un posto di primo piano le conferenze (87,54%), gli incontri (83,92%), gli spettacoli teatrali (83,53%), i concerti dal vivo (73,72%), le proiezioni digitali non cinematografiche (67,06%).

La famiglia è il principale target di riferimento, mentre un’importanza notevole è attribuita alla qualità – filtrata dalle indicazioni della Commissione nazionale di valutazione dei film – e allo stile relazionale di una struttura che è espressione della comunità parrocchiale e di un gruppo di volontari. Il teatro rappresenta un asset di peso nell’offerta delle sale e nel 16,86% dei casi è addirittura l’attività principale. Chi frequenta le SdC è, dal punto di vista culturale, una persona dal profilo medio (nell’83,33%), informata e curiosa, non sempre disponibile a mettersi in gioco, e comunque alla ricerca anche di leggerezza e di divertimento. I parroci partecipano alla gestione della sala incontrando con frequenza i responsabili (89,29%): non semplici scam­bi informali, ma riunioni vere e proprie a testimonianza della rilevanza della sala per la parrocchia. Alla SdC, infatti, si chiede di essere ben più di un campo da calcio parrocchiale o di una sala giochi perché deve farsi direttamente strumento utile a “tradurre il Vangelo” per gli uomini d’oggi. Dunque, la sala è percepita dai parroci come un canale di evangelizzazione e uno strumento utile a raggiungere coloro che non frequentano la Chiesa. Condizione perché tutto ciò avvenga, è il mantenimento di un «profilo sanamente laico e non troppo collaterale alla parrocchia», con una proposta «il meno clericale di tutto». (Riccardo Benotti)

3 maggio 2017