Salario minimo, Acli: verso un «Green and social compact»

Il vicepresidente nazionale Stefano Tassinari commenta la direttiva Ue: «Dare ai contratti nazionali più rappresentativi efficacia obbligatoria per ogni categoria», contro il lavoro povero

Le Acli guardano con soddisfazione all’accordo provvisorio siglato nella notte tra Consiglio e Parlamento Ue in tema di salario minimo; accordo che l’Unione si appresta ad adottare in maniera definitiva dopo l’ufficializzazione. «L’Europa si è data il Pilastro europeo dei diritti sociali, dove, tra le altre misure, si chiede agli Stati di addivenire ad un salario minimo – commenta il vicepresidente Stefano Tassinari, che ha la delega al lavoro -. Principi che non devono restare sulla carta: proponiamo che insieme alla richiesta di misure sulla sostenibilità ambientale e per l’abolizione dei paradisi fiscali e del dumping fiscale, compongano un vero e proprio “Green and social compact”, un patto europeo vincolante per uno sviluppo che faccia perno sulla giustizia sociale e ambientale».

Per Tassinari, «urge fissare soglie retributive minime dando ai contratti nazionali più rappresentativi efficacia obbligatoria per ogni categoria, perché l’impoverimento del lavoro passa dalla paga oraria, ma non solo: è dovuto spesso a contratti pirata, a condizioni di sfruttamento e di ricatto, a tanto part time involontario, specie per le donne e i giovani, e a tanto lavoro grigio, spesso più vulnerabili anche dal punto di vista della sicurezza e della salute. Solo riducendo a pochi contratti, autentici e dignitosi, e alla possibilità reale che i lavoratori possano avere voce si può pensare a un riscatto del lavoro». L’obiettivo: stabilire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi e rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva.

«La nostra Costituzione, all’articolo 36, stabilisce che non solo il lavoratore debba ricevere una retribuzione proporzionata alla “qualità e quantità del suo lavoro” – spiega ancora Tassinari – ma anche e soprattutto “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”». E questo, osserva, è il traguardo da perseguire, pure in un contesto non privo di criticità. Anzitutto, intervenendo «sulla piaga dei working poor, i “lavoratori poveri” (fenomeno che riguarda oltre 5 milioni di italiani che guadagnano meno di 10mila euro annui) e, insieme, su un impoverimento più ampio del lavoro; quindi, arrestando la proliferazione smisurata di “contratti pirata”, il cui solo scopo è quello di discriminare tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, con colleghi che arrivano a guadagnare un terzo in meno rispetto a chi gode di contratti migliori per il medesimo impiego», conclude.

7 giugno 2022