Sako: la visita del Papa in Iraq, destinata a «lasciare un segno»

Il messaggio del patriarca caldeo di Baghdad, rivolto «ai cristiani e a tutti gli iracheni»: l’arrivo di Francesco, «occasione di pellegrinaggio alle nostre radici»

Dopo l’annuncio del viaggio in Iraq di Papa Francesco, nel prossimo mese di marzo, dal sito del patriarcato caldeo arriva un messaggio del patriarca caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, rivolto «ai cristiani e a tutti gli iracheni». Quella del pontefice, nelle parole del patriarca, è  una visita destinata a «lasciare un segno nella nostra Chiesa e nel nostro Paese. Non è un viaggio turistico o di lusso. Il Papa – rileva – porta un messaggio di conforto per tutti in un tempo di incertezza. Una visita che «incoraggerà gli iracheni a superare il passato doloroso, alla riconciliazione, a curare le ferite, per unirsi e aiutarsi in vista dello sviluppo, della pace, della stabilità, del consolidamento della convivenza, del rispetto della diversità e del pluralismo, essendo fratelli differenti di un’unica famiglia e cittadini della terra di Abramo, l’Iraq, la loro casa comune».

In particolare per i cristiani, riflette ancora il cardinale, l’arrivo di Francesco è «un’occasione di pellegrinaggio alle nostre radici, di conversione e di attaccamento alla nostra identità cristiana e irachena; un’occasione per riflettere e per trovare un piano di azione affinché la Chiesa diventi più entusiasta nel tornare alla radicalità evangelica, più vicina alla gente». Il patriarca ricorda le sfide della Chiesa caldea irachena e delle altre Chiese sorelle in Iraq e nel Medio Oriente: «Pressioni politiche, economiche e sociali a motivo dei conflitti, dell’estremismo, dell’emigrazione, delle conseguenze della pandemia del coronavirus, realtà tutte che hanno confuso la visuale e complicato le relazioni e il lavoro». Ne deriva l’appello a «essere responsabili, a capire l’importanza di rivedere la nostra riflessione spirituale, pastorale, ecumenica e pedagogica, lontani dai concetti errati e della ricerca del predominio e del prestigio». Tutte sfide che chiedono ai fedeli di «non rinunciare alla propria terra, che non si può immaginare senza i suoi cristiani». La presenza cristiana in Iraq e nell’Oriente, infatti, scrive Mar Sako, «non è un caso ma un piano divino; noi abbiamo una vocazione e una missione. Non possiamo rinunciarvi, nonostante le difficoltà».

Ancora, richiamandosi al magistero di Papa Francesco il cardinale esorta a restare «ancorati nella autenticità orientale, attingendo alla fonte e non ai rivoli. La nostra Chiesa caldea, per essere più viva e presente – prosegue -, deve diventare Chiesa di Cristo, del Vangelo e dell’evangelizzazione, della catechesi cristiana, del servizio e della pastorale. Chiesa dello Spirito Santo e della piena comunione con la Chiesa Cattolica, impegnata nel rinnovamento del Concilio Vaticano II e Chiesa del dialogo ecumenico con le Chiese sorelle, della convivenza e del dialogo con le religioni, specialmente con l’islam». Allo stesso tempo, deve essere una «Chiesa che si prende cura degli affari pubblici, per appoggiare con fermezza le attese legittime del popolo per eliminare l’ingiustizia, realizzare la giustizia, l’eguaglianza, la libertà, e la dignità».

Da ultimo, un invito ai cristiani in Iraq e in tutto il Medio Oriente a «unirsi per testimoniare il Vangelo, poiché noi siamo essenzialmente una sola famiglia con fratelli diversi, chiamati a realizzare la nostra vocazione in questo Oriente tanto provato. Da questo punto di partenza – ancora le parole del primate -, invito a trarre profitto dall’occasione della visita del Papa per mobilitare l’opinione pubblica per sostenere i cristiani dell’Oriente, affinché vi restino come segno della presenza dell’amore di Cristo, della fratellanza universale e della convivenza».

11 dicembre 2020