Nel giorno in cui a Strasburgo si discuteva del sistematico massacro delle minoranze religiose a opera dell’Isis, il patriarca caldeo di Baghdad Louis Raphael I Sako ha indirizzato, mercoledì 20 gennaio, una lettera al presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Un appello nel quale il patriarca chide di «assumersi la responsabilità prima che questo conflitto si estenda per altri lunghi anni». Questo, dichiara, è «il tempo giusto per unire le forze e tenersi per mano, cristiani, musulmani, per fermare i massacri e le distruzioni. È il tempo per stabilire pace e giustizia. Così facendo saremo i promotori di un punto di svolta in questa terra, degni di raggiungere sicurezza e pace per il nostro popolo». Quindi le parole di Sako si fanno accorate: «Vi preghiamo di fare quanto è nelle vostre possibilità per fermare questo genocidio prima che sia troppo tardi».

In attesa che nella prossima sessione del Parlamento europeo, dal 1° al 4 febbraio, si voti anche una risoluzione sull’argomento, il patriarca caldeo si scaglia contro gli «attori esterni» del conflitto, che, intervenendo solo per «la loro personale ambizione nella regioen», hanno usato democrazia e libertà «come copertura per privarci delle nostre risorse naturali, pace e libertà creando caos e terrorismo in Iraq e nel Medio Oriente». Di qui, per Sako, «il fallimento del sistema scolastico e il peggioramento di quello educativo; l’aumento della disoccupazione; il deterioramento della situazione economica e della sicurezza; la caduta dei servizi pubblici». Oggi, denuncia, «in Iraq ci sono migliaia di morti, milioni di profughi e di sfollati interni, case e strutture distrutte, e nelle persone cresce l’ossessione per la durata del conflitto».

Le parole del patriarca riportano l’attenzione dell’Europa sull’agonia dei cristiani e degli altri gruppi etnici, causata da «una ben concertata agenda da parte dell’Iraq di spingere i cristiani e le altre minoranze religiose a lasciare la propria terra». A ciò si aggiungano le azioni dello Stato islamico contro cristiani e yazidi scacciati dalle loro case a Mosul e nella Piana di Ninive. Un comportamento contro le minoranze che può essere definito «genocidio». E Sako riporta gli esempi di queste violazioni e offese contro i cistiani da parte di gruppi fondametalisti, non ascrivibili all’Islam in generale: «Il divieto di fare auguri di Natale ai cristiani, la distruzione dell’albero di Natale in diversi centri commerciali,  il rifiuto di costruttori di edificare case e monasteri per i cristiani ritenuti infedeli». E ancora, «l’espropriazione da parte di alcune milizie di case e proprietà cristiane a Baghdad, l’invito alle donne cristiane a indossare il velo seguendo l’esempio della Vergine Maria».

Nell’analisi di Sako, la necessità di «avere un governo forte, un’istruzione aperta, leader religiosi musulmani che si oppongano ai fanatici e che ci facciano sentire cittadini di questa nazione, con stessi diritti e doveri». La strada, per il patriarca, è quella del federalismo, «attualmente la soluzioni più accettabile capace di tenere unito l’Iraq», nella convinzione che «la cultura della tolleranza e del rispetto sia il modo migliore per smantellare il terrorismo alle radici e opporsi all’estremismo».

21 gennaio 2016