Ruzza ai XII Apostoli: «Riannodare il filo dell’incontro»

Il vescovo ha celebrato Messa incontrando gli sgomberati di via Quintavalle ospitati nel portico della basilica

Essere artefici del dialogo e della mediazione per costruire strade di pace. Questo l’invito rilanciato più volte ieri mattina, domenica 3 settembre, dal vescovo ausiliare per il settore centro, monsignor Gianrico Ruzza, che ha celebrato la Messa nella basilica dei Santi XII Apostoli. Nel portico della chiesa, dall’11 agosto, sono ospitate un centinaio di persone sgomberate dal palazzo dell’ex Inps, ora di proprietà privata, in via Quintavalle, a Cinecittà: tra di loro famiglie di italiani e stranieri con bambini. Il più piccolo ha un anno, la più anziana 90. Dormono sui materassi messi per terra o in piccole tende da campeggio. Angela ha due figli di 11 e 14 anni: «non ho più una casa da quattro anni, da quando ho perso il lavoro. Sono stata sfrattata e con i miei figli sono andata a vivere in via Quintavalle. Noi ora vorremmo solo un dialogo con le istituzioni che invece propongono di separare le famiglie per offrire aiuti temporanei a minori, anziani e disabili».

Nell’omelia monsignor Ruzza invita
a venirsi incontro e, citando Papa Francesco, auspica che si costruiscano ponti e non muri «per incontrarci, tenderci la mano e dialogare. Siamo fratelli e sorelle, un’umanità che cammina insieme con tanta fatica e complicazioni». Si emoziona nel vedere bambini di diverse nazionalità che improvvisano un piccolo coro per animare la Messa: «sono un segno di comunione e unità. Ora c’è l’esigenza di andare incontro alla sofferenza ma anche alla legittimità e legalità. Entrambi questi punti si devono rispettare ed incontrare».

Il presule sottolinea che la Chiesa «è sempre pronta a dare una mano e a curare le ferite anche per facilitare il dialogo, unica via possibile per cercare soluzioni strutturali» e riconosce che da parte delle istituzioni c’è volontà di collaborazione. «Stanno facendo quanto in loro potere con delle difficoltà enormi che derivano dalla storia di questa città – ha aggiunto a margine –. Ora la cosa importante è riannodare il filo della tolleranza e dell’incontro, recuperare un senso di fiducia con spirito di alleanza. L’integrazione è necessaria». Ruzza ha espresso anche vicinanza, affetto e stima alla comunità religiosa che in questi giorni «sta testimoniando cosa siano l’accoglienza e la fraternità».

Il parroco, padre Agnello Stoia, si dice felice di poter aiutare queste famiglie in difficoltà: «per qualcuno possono rappresentare una disgrazia o un problema, non per me. Sono triste per la situazione che stanno affrontando. Occupare è senza dubbio un reato ma sull’altro piatto della bilancia bisogna mettere che per decenni la politica ha disatteso i diritti di tanti cittadini, in particolare di chi ha lo status di rifugiato. Per non creare una guerra fra poveri queste persone non occupano le case popolari ma cercano stabili abbandonati».

Tra di loro Abdelduahed, originario del Marocco, in Italia da 17 anni e padre di due bambini di 2 e 4 anni. Al termine della Messa ha recitato una piccola preghiera musulmana per esprimere «l’orgoglio di essere insieme musulmani e cristiani. Siamo fratelli dalla nascita e abbiamo un Padre unico con un unico obiettivo: la pace. Aspettiamo una risposta dalla politica, ora abbiamo avuto la risposta dalla Chiesa cattolica che ci ha accolto e dato la possibilità di dormire al coperto e restituito un minimo di dignità. Spero che il Papa ci aiuti ad aprire una finestra di dialogo con la politica». Claudio del coordinamento cittadino di Lotta per la casa dice di non essere credente ma confessa di essersi emozionato più volte. «In questa chiesa oggi è stata scritta una bella pagina di civiltà – ha detto – è stata una bella lezione che ha spiegato in modo concreto cosa siano l’accoglienza e la vera pace».

Verso mezzogiorno raggiungono il portico Eyaab e Biniam eritrei con lo status di rifugiato rispettivamente di 30 e 37 anni. Fino al 19 agosto vivevano nello stabile di via Curtatone ora, invece, sono accampati in piazza della Madonna di Loreto insieme ad altre duecento persone. «Tra di noi ci sono tanti bambini, anziani e donne in avanzato stato di gravidanza – raccontano –. Vogliono favorire le fragilità, ma senza una casa siamo tutti fragili. Ci hanno sgomberato senza offrirci un’alternativa. Siamo scappati da una guerra ma qui ne stanno creando un’altra».

 

4 settembre 2017