Roma ha il suo registro delle unioni civili
L’Aula Giulio Cesare ha approvato il provvedimento: gli iscritti soggetti alle stesse disposizioni previste per i coniugati. L’opposizione: «Fumo negli occhi»
L’Aula Giulio Cesare ha approvato il provvedimento fortemente voluto dal sindaco Marino. Gli iscritti soggetti alle stesse disposizioni previste per i coniugati. Tarzia (Per): «Provvedimento strumentale e ideologico, oltre che inutile»
32 voti favorevoli, 10 contrari e 1 astenuto. Questa mattina, mercoledì 28 gennaio, l’Aula Giulio Cesare ha dato il via libera all’istituzione nella Capitale del registro delle unioni civili. L’ok del provvedimento, fortemente voluto dal sindaco Ignazio Marino, è arrivato dai consiglieri di maggioranza e dal Movimento 5 stelle, che ne sono anche promotori. Contrari Nuovo centrodestra, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Astenuta la Lista Marchini. Dopo la protesta di ieri sera, dunque, grande soddisfazione per tutti i sostenitori della delibera, che hanno accolto l’ok dell’Aula al canto di “Bella Ciao”. Presente alle votazioni anche l’ex parlamentare Vladimir Luxuria, storica attivista lgbt. «Oggi – ha commentato – è un giorno importante perché anche Roma si doterà di un registro delle unioni civili. Questa è una città aperta, democratica, che ribadisce al Parlamento che è ora di dotarsi di una legge per riconoscere i diritti di chi si ama. Oggi è una vittoria civile. Spero Roma possa urlare questa vittoria di civiltà».
In concreto, i soggetti registrati nel registro potranno beneficiare delle agevolazioni e saranno soggetti alle medesime disposizioni previste dagli atti e dalle disposizioni di Roma Capitale, degli assessorati e degli uffici competenti per i soggetti coniugati. L’atto dell’iscrizione potrà essere accompagnato da un cerimonia che celebrerà il rilascio dell’attestato di unione civile, vale a dire «rapporto di reciproca assistenza morale e materiale – si legge nel testo della delibera – tra due persone maggiorenni, dello stesso sesso o di diverso sesso, che non siano legate tra loro da vincoli giuridici e che abbiano chiesto la registrazione anagrafica». L’obiettivo, viene precisato nel testo votato dall’assemblea capitolina, è «superare situazioni di discriminazione e/o disagio e favorire l’integrazione», principalmente a livello di casa, sanità e servizi sociali, diritti e pari opportunità, occupazione e produttività, cultura e sport.
«Finalmente anche Roma si dota di un registro delle unioni civili.», è il commento del sindaco Marino. Per il primo cittadino «è un risultato atteso da tempo, che pone Roma sempre più in prima linea sul fronte dei diritti degli individui e del riconoscimento dei legami affettivi stabili e duraturi. La Capitale dà il segnale che, in questa città, l’amore è uguale per tutti». Soddisfazione, dunque, per questo «passo importante che non solo rappresenta un atto di civiltà e di rispetto delle persone ma ci allinea al resto del mondo occidentale, in linea con i principali Paesi europei».
Diverse le opinioni dall’altra parte dell’emiciclo. Per Lavinia Mennuni (Ncd), «oggi è stata scritta una delle pagine più nere ed emblematiche dell’era Marino. È stata approvata una delibera inutile, non afferente alle competenze di un Comune. Abbiamo dedicato il primo mese del 2015 a dibattere sulle unioni civili che interessano un esiguo numero di persone, mentre la città va a fondo a livello gestionale, amministrativo, e i cittadini pagano le conseguenze di un’inerzia terribile». Dello stesso tenore il commento dell’ex sindaco Gianni Alemanno, che su Facebook commenta: «La messa in scena andata in onda oggi sotto la regia del sindaco Marino, come già chiarito dal Viminale e dal prefetto di Roma, è un’iniziativa contro al legge, che serve solo a illudere le persone e a indebolire le famiglie».
Al di fuori delle mura dell’aula, parla di provvedimento «strumentale e ideologico, oltre che inutile» anche Olimpia Tarzia, presidente del Movimento Politica Etica Responsabilità (Per) e vice presidente della commissione Cultura della Regione Lazio. «Fumo negli occhi», commenta, dato che «i Comuni non hanno il potere di modificare la legislazione sulla famiglia e il codice civile: queste “battaglie” concretamente, dunque, non cambiano niente».
28 gennaio 2015