Roma e le sue disuguaglianze, non solo sul reddito

L’analisi di Salvatore Monni, co-autore di un libro sul divario sociale nella Capitale: «Opportunità di Pnrr e Giubileo. La sfida di Expo 2030, per renderla più efficiente»

Quando si parla di disuguaglianze sociali, specie in questo tempo in cui la pandemia ha esacerbato i divari, si pondera in prima battuta la disparità reddituale. L’associazione di idee non è però sempre valida. A Roma, se si stila un’ipotetica top ten, la differente condizione economica si piazza al terzo posto. Senza «sottostimare» l’importanza del reddito, Salvatore Monni, professore associato presso il dipartimento di Economia dell’Università Roma Tre, tra gli ideatori di #Mapparoma, spiega che non «bisogna focalizzarsi solo sul fattore economico. È certamente rilevante, basti pensare che la dichiarazione media di chi vive ai Parioli è di 68mila euro a fronte di chi abita a Torre Angela o a Tor Bella Monaca, che ha un reddito medio dichiarato di 18mila euro, ma sussistono altre gravi disuguaglianze». Come in una sorta di scatola cinese, la Capitale racchiude dentro di sé “Le sette Rome”, titolo dell’ultimo libro degli animatori di #Mapparoma, che oltre a Monni conta Keti Lelo, ricercatrice all’Università Roma Tre, e Federico Tomassi, dirigente pubblico.

«Roma è una città profondamente disuguale – rileva Monni -. La prima distanza da colmare è quella dell’istruzione. Il tasso più elevato di laureati, pari al 42%, risiede ai Parioli, quello più basso, il 5%, a Tor Cervara, ma se si analizzano le zone di edilizia residenziale pubblica i laureati sono tra il 2,5 e il 3%». Figlia di questa disparità è l’occupazione. Le zone urbanistiche con basso tasso di scolarizzazione hanno, di conseguenza, elevati tassi di disoccupazione. A pari merito Monni considera l’accessibilità ai luoghi della cultura. «I teatri, i cinema, le biblioteche e le librerie – rimarca – sono tutti in zone centrali». A Roma, quindi, «le differenze sono soprattutto in termini di opportunità – prosegue -. Nascere in un quartiere piuttosto che in un altro significa avere più o meno opportunità di essere istruito, di trovare un lavoro, di avere un asilo nido vicino a casa, una biblioteca, una libreria, praticare uno sport». Fuori dal Grande raccordo anulare vivono 700mila romani – Torino, quarta città per numero di abitanti in Italia, ne conta 851mila -, «eppure non ci sono centri di interesse culturale. Ancora prima di redistribuire il reddito bisogna pensare a redistribuire le opportunità. Solo così quelle “sette Rome” possono tornare a essere una».

Sabina De Luca, del coordinamento del Forum disuguaglianze e diversità, nel panorama variegato e complesso di Roma annovera altre disparità storiche «accentuate dalla crisi pandemica». Per il terzo settore il tema della casa continua ad allargare la forbice «tra chi ce l’ha e chi vive in condizioni inappropriate. Roma lamenta decenni di inadeguate politiche abitative – dice -. La carenza di alloggi di edilizia residenziale pubblica, il degrado dei quartieri di edilizia popolare, la scarsità di abitazioni a prezzi accessibili a famiglie con basso reddito fanno crescere una domanda già altissima e totalmente inevasa». Al tema dell’abitare, De Luca lega il degrado, la mancata cura del verde, «con parchi parzialmente o del tutto inaccessibili», l’assenza di servizi, compresi quelli legati alla mobilità urbana. Un asso nella manica per ridurre il gap è il Pnrr.

La Capitale, ricorda ancora Monni, «ha l’opportunità sicura del Pnrr e del Giubileo del 2025; in più c’è la sfida di Expo 2030. Fondi importanti per aiutare chi è in difficoltà e questa non è solo una sfida giusta ma anche l’occasione per rendere più efficiente la città». Per De Luca il Pnrr «potrebbe essere la carta da giocare a determinate condizioni. Il piano stanzia risorse importanti per la rigenerazione urbana ma è assente una visione strategica unificante. Le disuguaglianze si superano se si investe a tutto tondo, se la riqualificazione urbana è affiancata da interventi di miglioramento dell’offerta dei servizi con l’apertura di scuole, esercizi sociali, servizi sanitari, prevedendo nel tempo puntuali interventi di gestione e di manutenzione degli spazi».

10 gennaio 2022