Roma, case famiglia «col cappello in mano»

Le strutture per minori e disabili ricevono dal Comune circa la metà di quanto è necessario per la loro gestione: Casa al plurale aggiorna il report sui costi

«A Roma ci sono 62 case famiglia per persone con disabilità, gestite dal Comune, per un totale di 446 persone ospitate. Ricevono dal Comune circa la metà di ciò che serve per gestirle. Molte sono poi, purtroppo, le strutture sanitarie che ospitano persone con disabilità: segno che l’integrazione socio-sanitaria, indispensabile per garantire a queste persone adeguata assistenza e qualità della vita, è ancora in gran parte da realizzare. E le risorse continuano ad essere gravemente insufficienti, come da dieci anni denunciamo, numeri alla mano». Luigi Vittorio Berliri è presidente di Casa al plurale, consorzio che rappresenta alcune delle cooperative che, per conto del Comune, gestiscono queste case famiglia.

Casa al plurale ha appena aggiornato il report sui costi di queste strutture. «Da dieci anni presentiamo questi numeri e questi calcoli alle istituzioni, Regione e Comune in particolare, per chiedere l’adeguamento delle risorse, oggi completamente insufficienti. Finora però, come si evidenzia anche in quest’ultimo aggiornamento, nessun passo avanti è stato compiuto. Possiamo dire che queste strutture dispongano attualmente di circa la metà delle risorse necessarie per la loro gestione».

Lo studio analizza i costi standard di varie tipologie di case famiglia: per donne con bambini, bambini e ragazzi adolescenti per varie fasce di età, persone con disabilità lievi e gravi. È stata inoltre fatta una analisi dettagliata dei costi delle case famiglia previste dalla legge del 22 giugno 2016, n. 112 comunemente chiamata “legge sul dopo di noi”. Nell’ultima versione è stata inserita anche una sezione dedicata alle case sociosanitarie per persone con disabilità. Vengono presi in considerazione tutti i costi previsti per il corretto funzionamento delle case famiglia: dalle spese per luce e gas a quelle dell’acqua, dal cibo fino agli affitti, dalle assicurazioni dei veicoli agli estintori. C’è poi, soprattutto, il costo del lavoro, che assorbe circa il 75% della spesa necessaria: sono gli stipendi per gli educatori, gli operatori socio sanitari e i tanti altri professionisti, tutte figure previste per legge, che lavorano su turni 24h al giorno 365 giorni l’anno.

Quanti ospiti? Le case famiglia di Roma e Lazio ospitano, secondo quanto riportato nel report 245 donne con bambini in tutta la Regione, di cui 189 nella Capitale; 1.697 bambini e adolescenti in tutta la Regione, di cui 705 nel Comune di Roma; o 284 persone con disabilità medio-lieve nella Regione Lazio di cui 182 nel Comune di Roma; 716 persone con disabilità medio grave nella Regione Lazio di cui 460 nel Comune di Roma.

Quali costi? Nello studio sono esaminati nel dettaglio i costi di funzionamento di alcune strutture residenziali e vengono riportati i costi relativi a diverse tipologie di case famiglia. Queste le voci di costo prese in esame: costo del personale addetto in via continuativa alla gestione della Casa; costo delle figure professionali di supporto; costi alberghieri (vitto, pulizia, smaltimento rifiuti); costi di struttura (affitto, manutenzione, utenze); costi generali/amministrativi; oneri ente gestore. In questa nuova versione i costi, oltre ad essere aggiornati all’indice Istat, sono anche riparametrati al nuovo CCNL delle cooperative sociali, che ha previsto un incremento del costo del lavoro del 10% rispetto al precedente. Sintetizzando e semplificando, ecco qualche esempio ripreso dalla tabella riportata del report: una casa per otto persone con disabilità ad alto bisogno assistenziale costa annualmente circa 660mila euro, per cui sarebbe necessaria una retta di 225 euro, mentre l’attuale ammonta a 103 euro; una casa per quattro persone con disabilità per il “dopo di noi” per quattro persone costa annualmente circa 560mila euro, richiederebbe una retta di 385 euro, mentre attualmente la retta ammonta a 127 euro. Per quanto riguarda i minori, una casa per sei bambini costa annualmente circa 587mila euro e richiederebbe una retta di 268 euro, a fronte degli attuali 95 euro. «Sono calcoli semplici: moltiplicazioni tra ciò che la legge ci chiede, per esempio in termini di personale necessario e relativi costi e orari. Eppure, nessuno a livello istituzionale è mai entrato nel merito, per fornire a queste preziose strutture le risorse necessarie. Da 10 anni andiamo avanti solo grazie ai sacrifici degli operatori e all’elemosina che chiediamo – denuncia Berliri -. Ogni cooperativa fa quello che può, per garantire il funzionamento nonostante le risorse insufficienti: noi, per esempio, ci tassiamo tutti, togliendoci quattro ore di stipendio ogni mese».

Tra sacrifici e nuove speranze. Intanto Casa al Plurale, report alla mano, porta avanti da dieci anni un lavoro d’interlocuzione con chi, a livello comunale e regionale, dovrebbe prendere in mano la situazione e sanare il “debito” con le case famiglia. «Con il Comune, il problema più grande è che l’assessore è sempre appena arrivato – riferisce Berliri -, per cui ogni volta dobbiamo riprendere il discorso dall’inizio. Ora, grazie anche all’interessamento del presidente Mattarella, a cui ho scritto personalmente alcuni mesi fa, abbiamo ottenuto un appuntamento con l’assessore Mammì, che ha promesso di studiare con attenzione i conti che abbiamo presentato. A livello regionale – continua Berliri – lunedì prossimo incontrerò l’assessore alla Sanità per affrontare insieme il tema della compartecipazione e di quell’integrazione socio-sanitaria: anche la Regione ha fatto i suoi calcoli rispetto ai costi di queste strutture e risultano molto simili ai nostri, quindi possiamo essere fiduciosi».

Intanto, le case famiglia vanno avanti: «Con il cappello in mano, cerchiamo di recuperare i soldi necessari. Ultimamente, ci siamo venduti una casa: sono i sacrifici che gli operatori del sociale sono disposti a fare, consapevoli dell’importanza vitale del loro lavoro quotidiano, che è quello di stare accanto alle vite più fragili, che chiedono di essere vissute con dignità e nel miglior modo possibile».

5 dicembre 2019