Rode, la “rosa” inondata dalla gioia per Pietro
Nel racconto di Atti la storia della donna che per prima riconosce la voce dell’apostolo, scampato alla furia di Erode che lo voleva morto. Le “serve” vegliano sul futuro del mondo e dell’umanità
«Appena ebbe bussato alla porta esterna, una serva di nome Rode si avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunciare che fuori c’era Pietro. “Tu vaneggi!”, le dissero. Ma ella insisteva che era proprio così» (Atti degli Apostoli 12,13-15). È il giorno dopo l’uccisione di Giacomo, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni, voluta e fatta eseguire da Erode, che, contestualmente, aveva fatto arrestare e gettare in carcere anche Pietro.
Mentre «dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui», un angelo del Signore liberò prodigiosamente quest’ultimo dalle catene e lo accompagnò sino alle porte della città. Ancora colmo di stupore per la salvezza operata da Dio per mezzo di quell’angelo, Pietro «dopo aver riflettuto si recò alla casa di Maria (…) dove molti erano riuniti e pregavano» (12,12). Ed ecco Rode, l’ancella della casa che, nella lingua originaria, il greco, suona doule, vale a dire quella che i traduttori rendono come “serva”. Proprio lei, la serva, è la prima a riconoscere Pietro dalla voce di chi stava bussando alla porta della sua padrona. È Rode che per prima viene inondata della gioia della “risurrezione” di Pietro e la avverte come opera di Dio. È lei che annuncia che Pietro è scampato alla furia di Erode, che lo voleva morto, per opera di quel Signore che aveva vinto la morte per dare a tutti la Risurrezione.
Ma nemmeno i cristiani riuniti nella casa/chiesa di Maria, madre di Giovanni Marco – quello che la tradizione vorrà come titolare del Vangelo più antico – credono alle parole di una serva! Proprio come nessuno degli Undici aveva creduto, tempo innanzi, alle parole di Maria di Magdala che annunciava il Signore Risorto: «Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero» (Mc 16,9-11).
Ma Rode – che vuol dire “rosa”! – non si dà per vinta e insiste nel dire che no, non si tratta di un angelo che appare nelle vestigia di Pietro ma di quel Pietro in carne e ossa che era stata lasciato dal Signore a pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle (cf. Gv 21,15-17). Scopriamo che le “serve” – nome e mestiere che molti ancora usano con disprezzo – sono le prime a vegliare sul futuro del mondo e dell’umanità. Sono le prime a insistere perché la vita risorga da ogni morte. Sono le prime a lievitare la gioia che viene dalla libertà, dal riscatto, dalla liberazione da ogni oscura oppressione.
Non sembra essere un caso! Gesù dice, infatti, che gli ultimi saranno i primi, che i poveri saranno beati e la “serva” che si è proclamata sua madre ne è stata la maestra: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». Ella canta, infatti, nel Magnificat, proprio perché lo vede realizzarsi in sé stessa (cf. Lc 1,46 ss.). Solo chi è “servo” può capire cosa vuol dire sperare e attendere una vita nuova e provare la gioia di vederla fiorire.
A Pentecoste il Papa ha detto che la parola di Dio azzittisce le nostre chiacchiere. Chiediamo a Rode di insistere ancora nell’essere ancella vigile d’ascolto e di voce della Parola di Dio che si fa canto di libertà e di pace, in mezzo a tante verbosità di propaganda che vorrebbero imprigionare la speranza delle menti e dei cuori. Fiorisca ancora Rode, come rosa di maggio e profumi tutta la casa, ancora tanto gelata, che è la nostra terra.
22 maggio 2024