Robot per i piccoli pazienti, «andare oltre la malattia»

Gabriele Catanzaro, responsabile di Technotown, e il progetto con i degenti del Bambino Gesù. «Il nostro compito: far ritrovare entusiasmo a chi l’ha perso»

Sta per avviarsi alla conclusione “Robotica in pediatria”, il progetto nato dalla collaborazione tra l’ospedale pediatrico Bambino Gesù e Technotown, la ludoteca tecnologico-scientifica del Comune di Roma. A raccontare la sua esperienza è il responsabile, Gabriele Catanzaro. «È il bambino che sta facendo con te l’attività il centro intorno a cui ruota tutto. Il resto in un attimo si annulla». Mentre parla sorride, si intuisce il suo amore per i bambini.

Gabriele Catanzaro ha 44 anni ed è il responsabile di Technotown. Dopo la laurea in Geologia, consegue a Milano un master in Comunicazione della scienza, la sua grande passione. «È da più di 20 anni che sperimento metodi per raccontare la scienza in tutte le sue sfaccettature». Una lunga carriera la sua, costellata da tante esperienze e attività. L’ultima è appunto “Robotica in pediatria”, un progetto nato nel 2011 grazie alla partnership tra la Fondazione Roma – che prosegue ora con la Fondazione Terzo Pilastro–Internazionale – e Zètema Progetto Cultura e la collaborazione con l’ospedale.

«Questa volta abbiamo deciso di andare noi verso enti ed associazioni. Così, abbiamo pensato di trasferire la nostra attività fuori dalla ludoteca per portarla in contesti diversi, di isolamento e sofferenza», spiega Catanzaro. A un certo punto, però, si ferma e dice: «Non credere che il nostro sia un “servizio” nel senso più vuoto del termine. Lo dico sempre ai tutor con cui collaboro: quando fate una cosa bella e in cui credete, non pensate al “dove” e al “come”. Fatela, in maniera del tutto spontanea e con uno sguardo che sospenda il giudizio. Questo deve essere lo spirito con cui lavorare sia in ospedale che nella ludoteca».

Ogni mercoledì, per otto settimane, Gabriele e i suoi operatori, attraverso robot, kit e schede programmabili, insegnano la cooperazione creativa ai giovani pazienti dello spazio ragazzi “Time Out” dell’ospedale pediatrico e li accompagnano nell’esplorazione della programmazione robotica. «L’incontro è il pretesto per donare ai giovani un momento di sollievo rispetto alla quotidianità delle visite e delle analisi. Vogliamo aiutarli a contestualizzare ciò che vivono. Una volta c’era un bambino che doveva prendere una fiala di medicina, così abbiamo costruito insieme un robot che gliela portasse. Anche in un contesto di questo tipo è possibile andare oltre la malattia e far vivere al bambino un’esperienza positiva e divertente».

Ma qual è lo spirito con cui lavorano? «Noi non siamo semplicemente dei tutor ma degli educatori e, in quanto tali, il nostro compito è quello di dare stimoli e far ritrovare l’entusiasmo a chi l’ha perso». Ciò che conta, per Catanzaro, è interpretare i comportamenti dei giovani ricoverati, cercando di coglierne le maggiori risorse. «La scorsa settimana abbiamo conosciuto una ragazza, avrà avuto forse 16 o 17 anni. Stava in un angolo della stanza a piangersi addosso. Non ne voleva sapere – racconta – ma poi attraverso un software è riuscita a programmare un robot per fare un percorso a forma di otto. Si è girata verso di noi e ha detto: “Allora anche io sono in grado di fare qualcosa!”».

Dare speranza e felicità a questi giovani è per Catanzaro e per i suoi operatori la gioia più grande. «C’è una bambina che incontriamo già da qualche settimana – racconta con voce commossa -. Spesso durante l’attività si alza per andare a fare delle visite e quando torna è sfinita. Ma, nonostante questo, torna da noi perché vuole portare a termine ciò che ha cominciato. Episodi di questo tipo ti fanno ridimensionare di molto l’approccio alla vita e alla professione». Catanzaro, entusiasta, illustra i robot che si utilizzano nelle attività: da quelli che si muovono lungo percorsi colorati a quelli dotati di ruote e sensori. Quindi, come un bilancio della sua esperienza personale: «Superare il proprio confine per aprirsi ad uno sguardo che sia “oltre” è la dimensione che accompagna le mie scelte quotidianamente».

28 maggio 2019