Ritratto di Febe, la “diacona”, e i quattro titoli di Paolo
Nella lettera indirizzata ai cristiani di Roma, l’apostolo dedica i primi versetti del lungo saluto a una donna – probabilmente la “portalettere” – che definisce anche «sorella, santa e protettrice»
«Vi unisco a Febe, nostra sorella, diacona della Chiesa di Cencre: accoglietela nel Signore, come si fa per i santi, e prendetevene cura in qualunque cosa possa avere bisogno di voi; anche lei, infatti, ha custodito molti e anche me stesso» (Rm 16,1-2). I primi versetti del lungo saluto che Paolo rivolge ai cristiani di Roma sono per una donna, Febe, il cui nome significa “brillante”. Si può pensare che lei fosse la portalettere che avrebbe recapitato nell’Urbe questo prezioso scritto elaborato a Corinto. Il mittente invita i destinatari ad accoglierla come si fa con i santi e ne illustra la dignità con quattro titoli: «Sorella, diacona, santa, protettrice». Uno in più di quanti non ne abbia dati a sé stesso nel prescritto: «Servo, apostolo e riservato per il Vangelo» (cf Rm 1,1).
«Nostra sorella» è il titolo con cui Paolo introduce Febe, che non va inteso in senso parentale ma per indicare una persona appartenente sia alla comunità di Corinto – da dove Paolo sta scrivendo ai Romani – sia a quella di Roma, dove adesso ella si reca. Sorella, insomma, di una Chiesa che vive la sororità (e fraternità) universali e cristiane. Il secondo titolo attribuito a Febe è quello di «diacona»: diákonos. Il sostantivo è di genere maschile ma nessuno ha mai discusso sul genere femminile di Febe. Paolo usa più volte, nella lettera, questo termine per indicare il servizio di governo svolto nelle comunità civili (cf Rm 13,4) ma anche per indicare un servizio ecclesiale che si associava a quello dei vescovi (cf. Fil 1,1). Attribuendo spesso anche a sé stesso e ai suoi collaboratori il termine diákonos (cf 1Cor 3,5; 2Cor 3,6; 6,4; 11,15.23; ecc.), Paolo non può non coinvolgere il ministero del Vangelo tra le attività contemplate.
Nel caso di Febe la qualifica di diákonos ha, pertanto, una connotazione chiaramente ministeriale che non si riferisce solo al servizio per i poveri e i bisognosi – come viene detto di lei nel v. 2 – ma anche alla predicazione e all’evangelizzazione. Ciò è confermato anche dal fatto che a lei fosse affidata la consegna della lettera non solo in veste formale ma come una testimone del contenuto della stessa. Del resto il suo ruolo era quello di autorità sulla comunità locale di Cencre, dove – verosimilmente – non v’erano presbiteri, così come non ve n’erano altrove, nelle comunità paoline, per quanto si può evincere dalle sue lettere. Doveva essere una persona al governo di quelle comunità, magari insieme ad altri che svolgevano il suo stesso “servizio” (cf la menzione di altri diaconi in Rm 12,7 e 1Cor 12,5). Ma quanto dice Origene è molto illuminante: «Questo passo insegna con autorità apostolica come pure le donne siano costituite nel ministero della Chiesa e perciò questo passo ci insegna al tempo stesso due cose: che, nella Chiesa, come abbiamo detto, ci sono donne addette al ministero; e che devono essere assunte al ministero quelle che abbiano assistito molti e che per i loro buoni servizi abbiano meritato di arrivare fino alla lode di un apostolo» (in: F. Cocchini ed., Origene, Commento alla Lettera ai Romani, voll. 1-2, Marietti, Genova 1986).
Il terzo titolo di Febe è «santa», vale a dire che appartiene al Cristo, per mezzo dello Spirito; “santi” è, infatti, il nome che Paolo dà ai destinatari della lettera in (cf Rm 1,7, ecc.). L’accoglienza riservata ai santi si deve conferire, in special modo, alle persone che svolgono un particolare servizio nella comunità (cf 1Cor 16,16.18). Infine Paolo definisce Febe «prostátis», un nome raro, che appare solo qui in tutto il Nuovo Testamento, femminile di prostátes che vuol dire custode. Appartiene al lessico giuridico/politico e indica colui che presiede una comunità e che si fa garante del pubblico interesse. Febe doveva svolgere un ruolo di responsabilità verso la comunità anche rispetto alle autorità civili; doveva essere una donna di prestigio che aveva accesso al mondo che contava a Corinto, quindi in grado di garantire la sicurezza e la libertà alle comunità.
12 settembre 2024