Rifugiati: «La parte più debole e più forte dell’umanità»

Al centro Astalli l’incontro durante il quale i rifugiati accolti hanno raccontato la loro esperienza. Samer: «In Siria regnano terrore, fame e paura»

Al centro Astalli l’incontro durante il quale i rifugiati accolti hanno raccontato la loro esperienza. Samer: «In Siria regnano terrore, fame e paura»

«L’unica cosa che voglio dire è grazie. Grazie per essere qui, grazie per venire in Italia e Europa, grazie perché ci aiutate a scoprite il mondo». Lo ha sottolineato padre Adolfo Nicolàs Pachòn, Superiore generale della Compagnia di Gesù incontrando, ieri 14 gennaio, i 150 rifugiati accolti da Centro Astalli, presso la Chiesa del Gesù nell’ambito della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (17 gennaio). «Grazie a voi il cuore si può aprire e il paese si può aprire. – ha aggiunto – Sono i migranti che hanno fatto grande un paese come gli Stati Uniti dove si è sviluppata la democrazia. Voi ci aiutate ad esser più grandi di noi stessi, non siete ospiti ma contribuenti. Ci avete mostrato la parte più debole ma anche più forte dell’umanità: avete vissuto la paura, la violenza, la solitudine e i pregiudizi. Ma ci avete mostrato anche la parte più forte: come superare la paura con il valore di prendere rischi, avete superato la solitudine con la solidarietà. Impariamo da voi ad essere misericordiosi con gli altri, a essere umani nonostante tutto, ad avere il mondo come orizzonte non la nostra piccola comunità».

Durante l’incontro alcuni dei rifugiati ospitati al Centro Astalli hanno raccontato la loro esperienza come Samer Asisa, fuggito il 20 novembre scorso dalla Siria insieme alla sua famiglia, dopo che i suoi bambini sono scampati a un attentato terroristico al bus che li portava a scuola. «In Siria la disperazione è grande, le difficoltà enormi, il pericolo di vita costante, c’è una confusione totale. Alle famiglie manca tutto – ha detto Samer –. Tanti vorrebbero scappare ma non hanno mezzi. Tanti vendono tutto per pagare i trafficanti . In ogni casa in Siria regna il terrore, la fame e la paura. A nome mio, di mia moglie e dei miei due figli mi permetto di dire una sola cosa: qui, nonostante la difficoltà, a differenza del mio paese posso ricominciare a sognare».

Anche Maria Goretti Wangari, 13 anni, proveniente dal Kenya ha raccontato la terribile esperienza vissuta a Nairobi dalla sua famiglia. «Siamo scappati da Nairobi, siamo rifugiati in Italia. Noi sappiamo bene quanto può essere terribile vivere in un paese violento, perché i terroristi sono venuti a casa nostra e ci hanno fatto molto male. Oggi stiamo finalmente bene. Siamo accolti in una casa di religiosi a Roma. Tutti noi rifugiati sogniamo più di tutto di trovare un posto dove sentirci di nuovo accolti. Ci sentiremo davvero a casa, quando anche noi avremo la possibilità di aiutare il prossimo, di poter dare aiuto alle persone con cui viviamo, come faceva mia madre in Kenya». A padre Nicolàs il Centro Astalli ha donato un libro con le storie dei rifugiati, e un quadro in cui sono raffigurate le icone delle diverse religioni.

«Siamo confusi e impauriti quando non indifferenti ai drammi di milioni di persone che fuggono da guerre e persecuzioni; tutto questo si traduce in politiche europee e nazionali non lungimiranti, atteggiamenti di chiusura e di rinuncia al dialogo – ha detto padre Camillo Ripamonti presidente del centro Astalli -. Chiudiamo le nostre frontiere, non investiamo. L’unica vera risposta ai drammi di chi fugge sono i corridoi umanitari. In Italia ci permettiamo il lusso di aspettare a cambiare leggi dichiaratamente ingiuste (ndr. reato di  clandestinità) in attesa di tempi più convenienti e in atri paesi dell’Unione l’urgenza della sicurezza fa invece accelerare provvedimenti restrittivi. Questa giornata vuole essere allora una pausa di riflessione – ha concluso Ripamonti – , quasi un fermarsi prima di varcare la soglia. Vogliamo che l’Europa sia una casa per tutti».

A conclusione dell’incontro 10 rifugiati di 210 diverse nazionalità hanno letto nella loro lingua un messaggio di pace mentre padre Nicolàs ha recitato una preghiera per i rifugiati scritta per l’occasione.

 

15 gennaio 2016