Rifiuti, senza impianti Roma «discarica a cielo aperto»

La relazione sullo stato dei servizi pubblici locali redatto dall’Agenzia per il controllo e la qualità. Tra le prospettive anche un aumento per la Tari

«La scelta di non dotare la città di impianti, neppure quelli all’avanguardia che garantiscono recuperi energetici e risparmio di Co2, sta avendo l’effetto di trasformare la città in una discarica a cielo aperto». L’atto di accusa non è di un oppositore politico della giunta Raggi, ma scaturisce dalla relazione annuale sullo stato dei servizi pubblici locali redatto dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi a Roma. Un report che parla di «gravi ripercussioni anche sul servizio di raccolta in città, spesso in affanno per carenza di sbocchi; questo comporta difficoltà per gli utenti a conferire correttamente, con ricadute negative sulla qualità e sulla quantità della differenziata, oltre che sul decoro e la pulizia delle strade». L’Agenzia è netta: «L’impiantistica insufficiente diventa la causa principale del fallimento dell’intero progetto».

La relazione si sofferma anche sui rapporti con Ama e sul suo lavoro. «Il 2019 ha visto il rinnovo del contratto di servizio con Ama, che ha recepito quasi integralmente le osservazioni presentate dall’Agenzia nel parere istituzionale e che ha tenuto conto delle osservazioni delle associazioni di utenti e consumatori, emerse nell’ambito dei lavori del tavolo tecnico appositamente istituito da Roma Capitale. Dopo un 2018 caratterizzato dall’incremento della quantità di rifiuti prodotti e da una battuta di arresto della raccolta differenziata percentuale, Roma nel primo semestre 2019, nonostante varie difficoltà (prima fra tutte la perdita dell’impianto Tmb Salario), registra nuovamente una diminuzione dei rifiuti e un aumento della differenziata al 46% (+2% rispetto al 2018)».

La criticità nella mancanza degli impianti è «particolarmente grave per quanto riguarda i rifiuti indifferenziati (con l’autonomia di Ama che scende al 24% per il trattamento e la completa dipendenza dalle esportazioni per lo smaltimento dei relativi residui), ma soprattutto per il trattamento dell’organico, la frazione più importante fra le differenziate, che al momento viene quasi completamente inviata in Friuli e in Veneto (92%)».

Roma esporta rifiuti, e in dosi massicce. «Nel 2018 – afferma l’Agenzia – Ama ha dovuto spedire fuori regione complessivamente quasi 500 mila tonnellate fra rifiuti e residui di trattamento, per una distanza media di circa 450 km, con costi non indifferenti e un impatto ambientale significativo: per il solo trasporto di questi quantitativi, l’Agenzia insieme al Dipartimento di ingegneria ambientale della Sapienza ha stimato emissioni di pm10 pari a 5 volte quelle medie annue del Tmb Salario».

Un costo ambientale ma anche economico, «che grava direttamente sulla TaRi pagata dai cittadini romani, attraverso incrementi di spesa al momento fra il 25% e il 50% rispetto alle tariffe di trattamento e con la prospettiva futura di ulteriori aumenti necessari a trovare sbocchi alternativi, vista la chiusura ormai prossima della discarica di Colleferro e la crescente opposizione degli impianti regionali ad accogliere i rifiuti capitolini».

12 dicembre 2019