Riccardo Fogli ricorda Stefano D’Orazio: «Un fratello che ci mancherà tanto»

Lo storico batterista dei Pooh vittima del Covid che lo scorso aprile aveva ispirato la sua ultima canzone “Rinascerò, rinascerai”, scritta con Roby Facchinetti per Bergamo. I funerali in forma privata dopo un corteo da piazza del Campidoglio

«E arrivo al 2020 e tutti questi progetti si schierarono contemporaneamente sui blocchi di partenza, mi stava aspettando un anno affollato fin troppo stimolante: un’opera, due romanzi da far uscire, la commedia di Maurizio Micheli e una serie di altre iniziative editoriali e televisive ormai avviate ma a sconvolgerci la vita si rovescia sul pianeta l’incubo coronavirus che cancellò in un colpo tutti i programmi e tutte le aspettative del mondo intero…E cominciarono i bollettini di guerra, i contagiati, i morti, gli ospedali al collasso, i medici e gli infermieri devastati tra le corsie delle rianimazioni, le bare accatastate nelle navate delle chiese, una guerra contro un nemico spietato e invisibile».

Certo, quando Stefano D’Orazio ha scritto queste ultime righe della biografia pubblicata sul suo sito non poteva sapere che anche lui, il 6 novembre 2020, sarebbe stato tra le vittime della pandemia. 72 anni, l’unico romano dei Pooh, era in via di guarigione da una patologia del sistema immunitario che stava curando da circa un anno ma da una settimana era ricoverato nella struttura Columbus del Policlinico Gemelli di Roma, positivo al Covid che ha compromesso irrimediabilmente il suo stato di salute. «Gli ultimi tre giorni sono stati un inferno», ci racconta Varis Casini, eterno socio del batterista del Pooh, con il qualche aveva fondato nel 1992 la Tam tam comunication per curare in esclusiva fino a fine 2004 tutti i progetti di comunicazione, promozione, pubblicità e tutte le produzioni televisive dei Pooh e, successivamente, fino d oggi, altri progetti anche no profit. Lo contattiamo a poche ore dalla diffusione della notizia della scomparsa di D’Orazio, mentre è insieme alla moglie dell’artista, Tiziana Giardoni, sposata tre anni fa dopo una lunga convivenza. Un grande amore, arrivato nella tarda età di lui, dopo anni di storie più meno importanti sempre prontamente documentate dalla stampa rosa.

Stanno decidendo i dettagli del funerale, che si tengono oggi, lunedì 9 novembre, alle 15 nella Chiesa degli Artisti, in forma privata nel rispetto delle misure restrittive imposte dall’emergenza Covid e fino a tre giorni prima non avrebbero mai immaginato di doverne parlare. «Sono sconvolto, siamo distrutti – ammette Casini -. Non ce la faccio a fare dichiarazioni». La commozione è tanta e si moltiplicherà quando il feretro arriverà in Piazza del Popolo dopo un corteo che partirà alle ore 14.40 da piazza del Campidoglio, passando per via dei Fori Imperiali, piazza Venezia, via del Corso, via del Tritone, piazza di Spagna e via del Babuino, scortato dai motociclisti della Polizia locale di Roma Capitale.

Stefano D’Orazio non è solo l’ennesima vittima vip della pandemia ma un pezzo importante della musica italiana da oltre cinquanta anni. Musicista, cantante, autore di indimenticabili successi, scrittore e produttore ma soprattutto uomo di spettacolo a 360 gradi, tra musica, musical e teatro, talent scout, sempre in fermento, ispirato e ironico (basti pensare all’’autobiografia “Confesso che ho stonato”, pubblicata nel 2012), dal 1971 al 2009 è stato punto di forza e cuore ritmico dei Pooh, la banda più famosa e più importante d’Italia, che aveva deciso di lasciare nel 2009 ma con la quale si era poi ritrovato svariate “ultime volte”. Paradossalmente, c’è la sua firma su “Rinascerò, rinascerai”, un canto pieno di disperazione e di speranza scritto nella scorsa primavera con uno dei suoi “amici per sempre” Roby Facchinetti, con l’intento di devolvere tutti i diritti all’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo per le vittime del covid-19.

Della sua generosità e creatività ci parla Riccardo Fogli, frontman e bassista dei Pooh dal 1966 al 1973 e dal 2015 al 2016, intervistato a caldo dopo la scomparsa dell’amico e collega. «È un fratello che ci mancherà tanto – esordisce al telefono, dapprima con il tono entusiasta di chi desidera contribuire a ricostruire un ricordo importante, poi, via via, sempre più addolorato -. Ci uniscono centinaia di ricordi ma vorrei raccontare di quando l’ho conosciuto, forse gli altri non ricordano, intorno al Settanta, grazie all’impresario comune Pino Tuccimei. Aveva i capelli lunghi e un cappotto di pecora. Era più rock dei rocker americani e per entrare nei Pooh ha dovuto fare un corso di “psicologia poohistica”, ogni giorno la mannaia dei Pooh gli tagliava un po’ di capelli e doveva nascondere gli stivali da duro rockman. Ha dovuto faticare con il look, ma poi è diventato il più Pooh dei Pooh. Era un ribelle. Lo è ancora, anche il giorno prima di andarsene. Era fantastico, geniale».

Parole che Fogli ripete più volte ricordando l’amico scomparso. Alla domanda su quale sia la canzone che lo rappresenti di più, Fogli ci risponde: «Penso alle canzoni che mi ha concesso di cantare alla réunion, tra cui “Cinquanta primavere” che racconta la storia d’amore dei suoi genitori in occasione dei 50 anni di matrimonio. Ho apprezzato molto che mi abbia dato questa canzone, come un regalo, perché lui sapeva che anch’io avevo perso i miei genitori. Io avevo conosciuto i suoi, due persone meravigliose. Ricordo gli abbracci tra noi dopo ogni esibizione».

«Se sapremo imparare qualcosa da questa tragedia, magari ci accorgeremo che il mondo è meno peggio di come ce lo raccontano e forse qualcosa si può ancora raddrizzare», chiosa D’Orazio nella sua biografia, che seppure oggi suoni come una nota stonata, ha il gusto di un seme che solo candendo germoglia.

9 novembre 2020