Rete Scuolemigranti contro la disparità tra alunni stranieri e italiani

Molte criticità nell’accesso all’istruzione. La richiesta di un piano regionale che comprenda, tra l’altro, la mediazione culturale nel rapporto scuola – famiglia

Avviare, in perfetta sintonia con il recente documento del Miur “È la lingua che ci fa uguali”, un piano regionale per compensare le disparità tra alunni stranieri e italiani, centrate sul gap linguistico. È l’appello lanciato da Rete Scuolemigranti, con sede nella Capitale, che riunisce un centinaio di associazioni di volontariato, parrocchie e centri sociali attivi nelle province e impegnati nell’insegnamento della lingua italiana alle persone di origine straniera. Un’infrastruttura che progressivamente si è allargata in tutta la regione, avviando numerose collaborazioni tra scuole e associazioni e sviluppando iniziative didattiche interculturali. A Roma, però, diverse criticità rendono ancora assai problematico l’accesso all’istruzione di studenti stranieri. In un contesto infatti gravato dalla densità territoriale e dalla carenza di organico, perno imprescindibile diventa il volontariato, il quale sta svolgendo sempre più funzioni di supplenza alle istituzioni scolastiche.

Per restituire il proprio ruolo alle associazioni attive in questo campo la Rete auspica alcune riforme riguardanti l’insegnamento della lingua italiana in orario scolastico; la canalizzazione delle sinergie con il mondo associativo in servizi integrativi quali il doposcuola, la formazione linguistica dei genitori e la mediazione culturale nel rapporto scuola – famiglia; infine, l’iscrizione degli alunni stranieri, anche quelli che arrivano in corso d’anno, che deve essere garantita mediante un’efficace e attenta regia territoriale che tenga conto dei posti disponibili distribuiti in tutti i quartieri.

A tal proposito, tra ottobre e marzo 2020 Rete Scuolemigranti ha condotto un’inchiesta da cui emergono le enormi difficoltà che i bambini e ragazzi, giunti nel nostro Paese grazie al ricongiungimento familiare, incontrano al momento dell’iscrizione a scuola. Tra le storie raccolte c’è quella di Sazid, ragazzo bengalese di 14 anni, arrivato a Roma a gennaio. Rifiutato in diverse scuole del municipio V, salta un anno e, al momento, è in attesa di trovare posto in un istituto tecnico commerciale a settembre. Vicenda analoga quella che ha riguardato i due fratelli bangalesi Farjana, 9 anni, e Mazarul, 14 anni.

Un quadro che si fa ancor più drammatico e allarmante se si pensa che nel 2018 sono arrivati a Roma 5.102 minori con ricongiungimento familiare. Un ritmo, quello degli arrivi, che si è mantenuto più o meno costante anche negli anni seguenti. Siamo dunque di fronte a dati che non è possibile ignorare, soprattutto all’indomani dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di coronavirus. Secondo una recente inchiesta di Sant’Egidio, su 800 alunni fra i 6 e i 10 anni in 27 quartieri di Roma, quasi 2 su 3 non hanno seguito lezioni a distanza durante la chiusura delle scuole. Tra questi, la grande maggioranza ha genitori stranieri che non parlano italiano. Da qui la necessità di promuovere un dialogo più proficuo tra scuola e famiglia, che punti a un coinvolgimento attivo dei genitori nel processo educativo.

Ripartire dunque con un’ottica inclusiva e senza dimenticare gli alunni stranieri, è l’invito,  perché l’emergenza sanitaria se «da un lato richiederà alle scuole un pesante impegno organizzativo – si legge nel documento -, dall’altro consentirà un potenziamento dell’organico. Una novità importante da sfruttare per cambiare finalmente passo».

8 luglio 2020