Restaurati alcuni ambienti delle catacombe di Domitilla
Con i loro 12 chilometri su 4 livelli, sono le più vaste di Roma. Recuperato il cubicolo dei fornai e quello dell’introductio. Allestito anche il museo
Con i loro 12 chilometri su 4 livelli, sono le più vaste di Roma. Recuperato il cubicolo dei fornai e quello dell’introductio. Allestito anche il museo
Un’altra perla si aggiunge alla collana che il cardinale Ravasi ha iniziato a realizzare da quando è stato nominato presidente del Pontificio Consiglio per la cultura e della Commissione di archeologia sacra. Dopo i restauri delle catacombe di Priscilla e dei santi Marcellino e Pietro, solo per citare alcuni esempi, è stato presentato il recupero di alcuni ambienti delle catacombe di Domitilla, le più vaste di Roma con un’estensione di 12 chilometri su 4 livelli e un’area di 10 ettari, e l’allestimento del piccolo ma prezioso museo annesso. L’intervento è stato presentato dallo stesso Ravasi, dal segretario della Commissione monsignor Carrù e dal sovrintendente Fabrizio Bisconti. La novità per quanto riguarda le catacombe è il recupero di due ambienti particolari: il cubicolo dei fornai e quello dell’introductio, cioè dell’introduzione, che purtroppo per il momento non saranno aperti al pubblico perché è necessario essere accompagnati dai “fossori”, gli addetti alle gallerie, che riprendono il nome proprio dagli antichi operai che si occupavano di tutte le attività cimiteriali, sia materiali, dalla sepoltura alla decorazione delle tombe, sia amministrative.
La caratteristica del restauro, ha spiegato l’archeologa Barbara Mazzei, che ne ha diretto i lavori, è stata l’impiego, per la prima volta, del laser. Il risultato è stato sorprendente. «In realtà il laser era stato usato su alcune concrezioni calcaree nel 2009 – ha spiegato – ma qui per la prima volta è stato applicato alle patine scure che si erano formate per la combinazione del calcare con alghe, muffe e il fumo delle lampade. Il laser si basa su un principio di selezione cromatica che aggredisce le parti scure ma non gli altri colori. Il risultato ottenuto sarebbe stato impossibile con le tecniche tradizionali». L’operazione è iniziata nel 2010 nel cubicolo dei fornai ed è durata tre anni, proprio per la cautela impiegata dai restauratori. Nel cubicolo dell’introductio, invece, le operazioni sono durate molto meno, da ottobre dello scorso anno ai giorni scorsi.
Il ciclo di affreschi del cubicolo dei fornai contiene il racconto del trasporto del grano, l’arrivo a Ostia, il passaggio sul Tevere fino allo scarico e alla macinazione. Di fronte alla parete d’ingresso si staglia la figura di un personaggio che doveva avere un ruolo di primo piano nell’annona. Sulla volta spicca la “firma” di Antonio Bosio, che nel Cinquecento riscoprì le catacombe. Non è l’unico “graffito” che i restauratori hanno lasciato, a testimoniare la “storia” delle visite nel corso del tempo. La tomba risale alla seconda metà del IV secolo e vi si mescolano elementi pagani e cristiani. La peculiarità delle catacombe di Domitilla, infatti, è proprio quella di nascere come ipogeo di una famiglia pagana, probabilmente quella dei Flavi (la ricostruzione, peraltro labile, è di Giovan Battista De Rossi), per poi lentamente diventare un cimitero cristiano. In quello che era l’ingresso dell’ipogeo si trovano ancora a sinistra il pozzo necessario per i riti di sepoltura e a destra il triclinio in cui si consumava il “refrigerium”, il banchetto con cui si accompagnava l’anima del defunto. Elementi che sono stati poi mantenuti nella tradizione paleocristiana.
L’altro cubicolo restaurato, più piccolo, è quello dell’introductio: nella volta, in precedenza completamente annerita, sono rappresentati due defunti che vengono “introdotti”, presentati a Cristo, raffigurato molto giovane, tra due santi che non sembrano essere Pietro e Paolo. Bisconti ipotizza che si possa trattare di Nereo e Achilleo, i due soldati romani morti martiri all’epoca di Diocleziano in quanto obiettori di coscienza e sepolti nelle catacombe di cui in realtà sono gli eponimi.
L’altra novità presentata in anteprima è il piccolo museo di Domitilla, allestito nello spazio che il gesuita padre Ferrua aveva realizzato per evitare che il progettato ampliamento della via Ardeatina negli anni Cinquanta lambisse l’ingresso delle catacombe, voluto dal sovrintendente Bisconti e allestito in collaborazione con l’ispettrice delle catacombe Raffaella Giuliani. Un’unica sala che sviluppa il tema “Il mito, il tempo, la vita” attraverso l’esposizione di sarcofagi attici e reperti come diverse teste marmoree, ripristinati per raccontare come dal mito pagano (Ettore, Achille, Patroclo) con lo scorrere del tempo (le stagioni) si giunga poi al significato cristiano della morte.
31 maggio 2017