Relazioni familiari, primo luogo educativo

L’importanza dell’ascolto nell’educazione dei figli: del detto e soprattutto del non detto. Il tessuto emotivo-relazionale messo a dura prova da pandemia e isolamento

La pandemia, l’isolamento, l’incertezza e la precarietà hanno messo e mettono a dura prova il tessuto emotivo-affettivo-relazionale ma hanno anche riportato l’attenzione sulla necessità di un’educazione più a misura di bambino e ragazzo, più vicina ai bisogni e attenta alle richieste di una crescita sana ed equilibrata. I genitori, grandi protagonisti del percorso evolutivo, si sono trovati davanti alle tante emergenze che il Covid ha mostrato, non solo a carattere personale e lavorativo ma soprattutto come guide attente e sicure per i loro figli. Dalla crisi nasce l’opportunità, dal possibile fallimento l’apertura verso la risorsa. Il maggior tempo passato accanto ai figli, il poterli seguire e godere della loro presenza in modo più continuo, ha evidenziato luci e ombre del cammino educativo ma ha anche illuminato il potenziale che ogni famiglia può mettere in gioco nel prendersi cura. La prima forma di accudimento, elemento che non si dovrebbe perdere mai durante tutto l’arco evolutivo, è l’ascolto.

Ascolto delle parole ma soprattutto di ciò che non viene espresso direttamente e che rimane nascosto nel cuore, ascolto dei gesti, degli sguardi, del non detto che spesso rimane “impigliato” nelle pieghe di una crescita che pone domande anche tacite. Allevare non è solo nutrire fisicamente e non far mancare il necessario per una vita mediamente serena ma è fornire cibo emotivo, attenzione affettiva, far risuonare in sé ciò che, il bambino prima e il ragazzo poi, riesce a manifestare o, a volte, comunica in modo trasversale per la mancanza di giusti strumenti o per il timore di non essere compreso. Educare è un viaggio, prima dentro se stessi, partendo da come si è stati figli, e poi accanto ai propri ragazzi; è opportunità per mettersi in gioco, rivedere posizioni, ridefinire spazi e confini. È un’avventura non priva di rischi ma ricca di sorprese e nuove possibilità.

Il primo passo è l’ascolto dei bisogni che il figlio porta dentro di sé, siano essi di protezione, sicurezza, senso di appartenenza, stima, riconoscimento, e che lo rappresentano e lo definiscono anche in modo inconsapevole. Per rispondervi è opportuno conoscerli e fornirsi di strumenti operativi per una pedagogia della crescita che sappia identificare nei figli quelle stesse esigenze di cura che anche noi adulti portiamo dentro nella parte bambina che ognuno possiede. Diventare adulti non richiede solo uno stato di generica attenzione ma uno sguardo attento e profondo, un accudimento continuo da rimodulare rispetto alle varie fasi evolutive, una cura sui cui possa fiorire la capacità di fidarsi e affidarsi, di provare empatia e comprensione. Lo scambio di gesti affettivi significativi, di carezze sia verbali sia non verbali, di sguardi che confermano la propria esistenza, aiuta il bambino e il ragazzo a sentirsi degno d’amore, importante per il solo fatto di essere venuto al mondo a prescindere dalle proprie prestazioni, e stimola la corretta costruzione di un sé fiducioso e aperto alla vita.

Il genitore accudente non è una guida che non fallisce mai offrendo un’immagine e un modello irraggiungibile ma presenza amorevole che tesse continuamente e teneramente delle relazioni in cui sperimentare, anche con tutte le fragilità, calore, intimità, protezione, sicurezza fisica ed emotiva. Padri e madri diventano quel porto sicuro che si può tranquillamente lasciare per esplorare e costruire la propria identità certi di poterne fare ritorno per essere accolti e sostenuti. È specchiandosi negli occhi dei genitori, nel loro modo di guardarlo, di farlo sentire al centro delle attenzioni in un giusto equilibrio, che il figlio, fin dai primissimi momenti della vita, prende consapevolezza di sé, riconosce nella similarità e nella diversità i suoi tratti e inizia il percorso d’individuazione e autonomia. Le relazioni familiari, come primo luogo educativo, permettono al bambino e al ragazzo di potersi pensare come essere umano ricco di una propria unicità, di proprie risorse e talenti da dirigere verso una sana realizzazione a partire dalle piccole conquiste di bimbo fino all’autonomia di giovane prima e adulto poi. Radici sane che affondano in un terreno fertile, buono, accogliente ma anche capace di farsi da parte e lasciar andare, producono frutti di una crescita sana e equilibrata, aperta alla vita e alla responsabilità sulle proprie scelte.

Sostenere la genitorialità vuol dire donare strumenti per uno sguardo sereno, aperto e fiducioso nel poter svolgere il proprio compito di guide che accompagnino senza affrettare il passo, stimolino senza pretendere, si rivestano di autorevolezza e non di freddo autoritarismo, sappiano proteggere senza imprigionare. È in quest’ottica che risultano particolarmente utili i percorsi pensati per le famiglie che si aprono alla vita e si affacciano al compito educativo con il sostegno di figure professionalmente formate ad accompagnare, ascoltare, condividere timori e certezze. I consultori familiari possono rappresentare un nido pedagogico di estrema importanza in cui potersi confrontare con altri genitori e co-costruire il cammino educativo senza vivere la solitudine e il peso di un compito tanto entusiasmante quanto complesso. Il primo passo per fornire alle nuove generazioni un humus fertile su cui gettare semi educativi rivolti alla protezione, ascolto e accudimento è prendersi cura dell’albero, ovvero del genitore che a volte può essere spaventato o disorientato rispetto alla responsabilità del proprio ruolo ma che, se rassicurato e seguito quando più fragile, può diventare quella quercia secolare alla cui ombra radunarsi, riconoscersi e crescere in sicurezza, attenzione e amore. Quale futuro allora? La sfida è investire sulla genitorialità con progetti e politiche familiari adeguate a garantire un futuro possibile e sereno dei figli nel loro delicato viaggio del crescere. Per mano, perché ciò che spaventa non è il cammino ma la solitudine. (Alessandra Bialetti, consulente della coppia e della famiglia)

22 febbraio 2021