Reina: il vescovo, annunciatore instancabile della speranza cristiana
L’ordinazione episcopale del vicegerente di Roma, Tarantelli Baccari, a San Giovanni in Laterano, alla presenza di Papa Francesco. Il cardinale sottolinea tre azioni sulla vocazione dei pastori: indicare, seguire, rimanere. Il saluto del nuovo presule
Nella Chiesa di oggi il vescovo è chiamato a guidare la sua comunità verso un cammino di fede che richiede costanza, ascolto e soprattutto una continua ricerca di Cristo. L’episcopato «non è un onore, ma un servizio». I tre verbi chiave che delineano la vocazione di ogni pastore sono “indicare”, “seguire”, “rimanere”. L’ordinazione episcopale del vicegerente della diocesi di Roma e ausiliare del settore Sud, monsignor Renato Tarantelli Baccari, ha offerto al cardinale vicario Baldo Reina, che ha conferito l’ordinazione, l’occasione per riflettere sul cammino che ogni vescovo è chiamato a percorrere con la sua comunità.
La Messa con il rito è stata celebrata questo pomeriggio, 4 gennaio, nella basilica di San Giovanni in Laterano alla presenza di Papa Francesco, al quale l’eletto si è presentato durante la liturgia dell’ordinazione. Conconsacranti il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo metropolita di Vienna, e il vescovo ausiliare di Roma Michele Di Tolve. Bergoglio è stato il secondo a imporre le mani sul capo dell’eletto dopo il cardinale vicario e tra i primi a scambiarsi un abbraccio di pace con il nuovo vescovo.
La partecipazione del Papa «rafforza i vincoli di comunione», ha affermato il vicario, ringraziando il Pontefice «per quanto realizza ogni giorno a favore della Chiesa universale a partire da questa porzione di Chiesa che presiede nella comunione e nella carità». Partendo dal Vangelo di Giovanni, il cardinale ha sottolineato come il pastore è innanzitutto colui che, come Giovanni Battista, indica la via che conduce a Gesù, senza mai mettersi al centro della scena.
«Il pastore – ha affermato – è riconoscibile dal suo sguardo e dalla sua capacità di farsi tramite, trasformando il proprio io in trasparenza di Cristo, facendo della sua persona un continuo rinvio a Chi veramente salva. Abbiamo bisogno di pastori che non si sostituiscano al Maestro, che guidino servendo una Chiesa sacramento della relazione con Cristo. È chiamato a essere un custode, capace di discernere e valorizzare i segni della presenza di Dio nel mondo, per condurre ogni uomo e donna a contemplare il volto misericordioso di Cristo».
“Seguire” è un atto di fiducia incondizionato che «implica una continua conversione, un dinamismo spirituale che ci rinnova profondamente – le parole del cardinale vicario -. La Chiesa ha bisogno di pastori che siano pellegrini instancabili, con l’orecchio teso verso la Parola di Dio e il cuore aperto per comprendere dove il Signore vuole condurli e, con loro, l’intero gregge affidato alla loro cura».
Infine, il porporato ha sottolineato l’importanza di “rimanere” in Cristo che non è «un atto passivo, ma una continua conformazione al Suo amore e alla Sua volontà. In un mondo segnato dalla frammentazione e dall’incertezza, il pastore che rimane in Dio diventa un punto di riferimento stabile, una luce che orienta il cammino dei fedeli verso il Regno di Dio. È un testimone credibile della misericordia divina e un annunciatore instancabile della speranza cristiana».
Suggestivi i riti della consacrazione: gli impegni dell’eletto sul proposito di custodire la fede e di esercitare il proprio ministero; la prostrazione durante il canto delle litanie dei santi; l’imposizione delle mani e del libro dei Vangeli sulla testa dell’eletto durante la preghiera di ordinazione; l’unzione crismale; la consegna dei Vangeli, dell’anello episcopale, della mitra e del pastorale; l’insediamento di monsignor Tarantelli al primo posto fra tutti i vescovi concelebranti.
Prima del termine della celebrazione il vescovo, con la mitra e il pastorale, ha attraversato la navata per benedire i presenti mentre il Coro della Diocesi di Roma, diretto da monsignor Marco Frisina, intonava il Te Deum. Tra i concelebranti, i cardinali Feroci e Makrickas, numerosi vescovi – tra i quali Amarante, Carbonaro, Mani, Ricciardi, Gervasi, Di Tora, Schiavon, Selvadagi, Flaviano Rami Al-Kabalan – e sacerdoti.
Lo stemma scelto da Tarantelli Baccari rappresenta simbolicamente il suo cammino spirituale e vocazionale. Include l’agnello davanti alla croce, simbolo di Cristo e del santuario di Knock, in Irlanda, luogo molto caro al vicegerente. Nel secondo quarto, su fondo verde, la lettera M coronata da dodici stelle, richiamo alla Vergine Maria e al manto della Madonna della Rivelazione venerata nel Santuario delle Tre Fontane di cui Tarantelli è rettore.
Vi è poi il sicomoro, che rimanda alla conversione di Zaccheo, e la conchiglia con la croce di san Giacomo, che rappresenta il pellegrinaggio a Santiago di Compostela, esperienza significativa nella vita di don Renato. Nella parte inferiore vi è il fiore di nardo, un richiamo e un omaggio a san Giuseppe e a Papa Francesco che ha il fiore di nardo nel suo stemma. Il motto episcopale, “Semper orare et non deficere” (“Pregare sempre senza stancarsi mai”), sottolinea l’importanza della preghiera costante e della perseveranza nella vita cristiana.
«È proprio così che vorrei vivere il mio ministero – ha detto Tarantelli nel suo saluto finale –: pregare sempre, stancarsi mai, perdonare sempre, andare avanti con coraggio senza perdere il sorriso e soprattutto non perdere mai l’umorismo. Questi i tratti di ogni pellegrino di speranza e di ogni pastore». Tarantelli ha confessato di aver scelto il motto ispirato dagli «indimenticabili» colloqui con il Papa. «Grazie Santo Padre per l’onore che mi ha fatto a venire in questa cattedrale, tra la gente della sua amata diocesi, in questa bella Chiesa di Roma».
4 gennaio 2025