Isaiah Haarstrup ha soltanto 11 mesi. È nato con un grave danno cerebrale, per mancanza di ossigeno, al King’s College Hospital di Londra: a tenerlo in vita sono i macchinari per la ventilazione artificiale. Una situazione, la sua, che ricorda quella del piccolo Charlie Gard, il bambino affetto da una rara malattia genetica al quale furono interrotti i trattamenti medici lo scorso luglio. Sempre nel Regno Unito. Come già avvenuto per Charlie, anche per Isaiah un giudice dell’Alta Corte britannica ha disposto la sospensione delle cure, nonostante il parere contrario dei genitori.

Dovrebbero essere i genitori e non lo Stato a decidere della vita del piccolo: Roger Kiska, avvocato cattolico, specializzato in diritto familiare, consulente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, si occupa di casi simili a quello di Isaiah e di Charlie Gard. Ed è convinto che «il diritto dei genitori a decidere della vita del figlio vada sospeso soltanto in circostanze eccezionali». Secondo l’avvocato Kiska, Lanre Hasstrup e Takessha Thomas, i genitori di Isaiah, «sono i più competenti a giudicare se il bambino soffre ed esiste il rischio che questa vita venga interrotta perché è la cosa più conveniente da fare. Mi preoccupa il fatto che nella società britannica, così secolarizzata, manchi rispetto per la vita», afferma.

Diverso il punto di vista del giudice Alistair MacDonald che, nella sua sentenza, afferma di aver messo al primo posto l’interesse del bambino e di essersi convinto che «non è nel suo miglior interesse proseguire il trattamento medico di sostegno alla vita».

30 gennaio 2018