Rebibbia femminile: il reinserimento sociale passa dalla cultura

Presentato il programma di inclusione “Nessuno escluso”, che mira a offrire ai detenuti gli strumenti per comprendere la propria situazione giuridica e prepararsi al ritorno nella società. Allestito anche un “corner” per la formazione e l’informazione

Dalla Casa circondariale femminile di Rebibbia si apre la strada a un nuovo modello di carcere con “Nessuno escluso”, un programma di inclusione e di trasmissione della cultura come veicolo di libertà. Il progetto mira a restituire la dignità a chi è detenuto, offrendo gli strumenti per comprendere la propria situazione giuridica e prepararsi al reinserimento sociale. In un periodo caratterizzato da un grave sovraffollamento carcerario e da un allarmante aumento di suicidi, è importante «mettere al centro del dibattito la persona, il suo recupero e la speranza». Temi che possono essere «affrontati con serenità» se si riesce a tenere «il mondo dell’esecuzione penale ben lontano dalle bandiere ideologiche». Lo ha detto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari intervenuto ieri pomeriggio, 17 settembre, al lancio del progetto “Nessuno escluso”, che da Rebibbia femminile è destinato a espandersi a livello nazionale. «Dobbiamo realizzare un modello di esecuzione penale che sia di esempio agli altri paesi europei», le parole di Ostellari, per il quale «ci sono le potenzialità» per sistemare le strutture esistenti. «Abbiamo bisogno di un commissario straordinario per l’edilizia che sarà nominato quanto prima».

“Nessuno escluso” è curato dal Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria) del ministero della Giustizia, dalla casa editrice Giuffrè Francis Lefebvre e dall’associazione Antigone. Offre ai detenuti, specie a chi ha dimestichezza in materia, la possibilità di consultare volumi giuridici di cui saranno fornite le biblioteche delle carceri, allo scopo di promuovere la cultura giuridica. A Rebibbia femminile è stato anche allestito un “corner”, una sorta di aula studio dotata di un computer con accesso a una vasta banca dati giuridica e una libreria con codici penali, civili e il volume della Costituzione. Questo spazio è dedicato alla formazione e all’informazione, ma anche alla promozione dei diritti e al coinvolgimento attivo dei detenuti. Qui si terranno incontri regolari con esperti del settore, come docenti universitari e magistrati, per approfondire temi giuridici e costituzionali. L’obiettivo è fornire ai detenuti gli strumenti necessari per comprendere meglio il sistema giudiziario italiano e favorire così il loro reinserimento sociale. Previsti anche cinque incontri che spazieranno dalla pena nella Costituzione alla rieducazione, dall’uguaglianza alla dignità umana e alla solidarietà.

La direttrice della Casa Circondariale Nadia Fontana si è detta «onorata che da Rebibbia parta un progetto per partecipare in modo più attivo e consapevole al proprio percorso di reinserimento nella società». Per Giovanni Russo, capo del Dap, quella di ieri è stata «una delle tappe nella rivoluzione dell’esecuzione della pena in chiave moderna». Alla certezza del diritto e a quella della pena ritiene vada affiancata la certezza che «l’esecuzione della pena porti a una effettiva rieducazione. Il carcere – ha affermato – deve essere un servizio pubblico partecipato». Illustrando i dettagli del programma, il cui protocollo è stato firmato il 31 gennaio scorso, Antonio Delfino, direttore comunicazione e relazioni istituzionali di Giuffrè Francis Lefebvre, ha parlato di «un progetto unico nel suo genere, una iniziativa di solidarietà per rendere il diritto accessibile a tutti».

Da Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, l’appello a «non ignorare la voce di chi è in carcere. Guardare alle carceri è un dovere morale per chi ha un ruolo istituzionale, religioso per chi crede e per chi non crede è un dovere di solidarietà». In sala presenti anche una ventina di detenute. Rivolgendosi direttamente a loro la Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Irma Conti ha citato l’esempio di due detenuti incontrati recentemente. Uno le ha detto che «la cultura è libertà», mentre l’altro si è laureato principalmente per essere un modello per i propri figli. «Questi casi dimostrano chiaramente che la formazione è un elemento fondamentale nel percorso di riabilitazione», ha concluso Conti.

18 settembre 2024