Ravasi e Tornatore in dialogo sull’arte, strumento per avvicinarsi al mistero

L’alleanza tra l’orizzonte spirituale e l’ispirazione creatrice del cinema al centro dell’incontro tra il regista e il presidente del dicastero pontificio della Cultura

«L’arte ha la grande capacità di svelare il mistero, di entrare all’interno di esso». Sono queste le parole del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, intervenuto venerdì 13 dicembre all’incontro su “Il cinema come esperienza religiosa”. L’appuntamento, che ha visto il porporato dialogare con il regista Giuseppe Tornatore, ha chiuso la XXIII edizione del “Tertio millennio film fest”, la kermesse promossa dalla Fondazione Ente dello spettacolo e quest’anno dedicata al tema:“Io sono. Tu sei. Riconoscersi differenti”.

L’arte come strumento per avvicinarsi all’ignoto e al mistero:  è su questa riflessione che il cardinale si è soffermato, ricordando l’incontro da lui stesso promosso nel 2009 tra Papa Benedetto XVI e 300 illustri artisti, tra i quali proprio Tornatore. «In quell’occasione in molti si ritrovarono, parlando animatamente tra loro – racconta Ravasi -. Ma quando entrarono nella Cappella Sistina per incontrare il pontefice rimasero improvvisamente in silenzio. L’arte di Michelangelo li aveva fatti tacere». Un’alleanza tra l’orizzonte spirituale e l’ispirazione creatrice dell’arte che il festival ha inteso celebrare nella figura di Robert Bresson in occasione del ventennale della sua morte. «In Au hasard Balthazar, suo celebre film, il protagonista è un asino il cui calvario è una vera e propria parabola dell’incarnazione», ha spiegato il cardinale commentando successivamente una citazione del regista che recita così:«Non bisogna cercare, bisogna attendere». Questa «è la teologia paolina: la grazia ci precede e ci eccede. Proprio San Paolo scriveva: “Io – dice il Signore – ho risposto anche a quelli che non mi invocavano”. Cercare è umano, attendere invece è l’epifania, l’irruzione – ha proseguito Ravasi -. Qualcosa di simile ho trovato nelle Lezioni americane di Calvino, quando scrive: “La bellezza si ottiene non aggiungendo ma togliendo”. E questo lo sanno bene i registi che devono continuamente rinunciare a parti di pellicola».

Un processo di scelta volto ad ottenere una autentica narrazione, nel senso più alto del termine: «Il cinema è un raccontare cercando di trovare quel senso che ti salva – ha spiegato ancora il porporato -. Non si può uscire indenni dalla visione di un grande film: quel racconto o ti crea o ti distrugge». Ancora, il cardinale, ricordando un aforisma della tradizione giudaica, ha sottolineato come «Dio abbia creato l’uomo e la donna perché ama i racconti. È quindi Dio stesso il patrono dei registi». E proprio sul profondo legame che intercorre tra il cinema e la dimensione spirituale della vita si è espresso il regista Tornatore: «Non si può liquidare il senso religioso nel cinema a un’allegoria o a un sistema di simboli – ha commentato -. A dimostrarlo, l’idea stessa di un gruppo di persone, più o meno numeroso, chiamato a realizzare qualcosa di assolutamente astratto come una sceneggiatura. In questo processo, inoltre, nessuno di loro conosce in partenza gli effetti che il film susciterà sugli altri». In questa ottica allora «quanto più è ignoto il destino di un film tanto più risulta spirituale l’intenzione di quanti si ritrovano insieme a condividere un calvario che porta alla sua realizzazione». Da qui l’idea di una ritualità legata al set cinematografico: «Trovo sia un luogo profondamente religioso, niente affatto caotico o isterico come invece è solito dipingerlo l’iconografia tradizionale».

Una spiritualità, quella del film, in grado di indagare e riscoprire anche le dimensioni più autentiche della persona: «In alcuni casi l’opera cinematografica offre un importante aiuto all’esistenza delle persone – ha riferito Tornatore -. La vera aspirazione di un cineasta è infatti girare un film che abbia compiuto un piccolo miracolo nella vita di qualcuno». Ma qual è il rapporto personale del regista con Dio? Una domanda a cui Tornatore ha voluto rispondere affidandosi ad una frase di Tonino Guerra: «Se dicessi che credo in Dio vi direi una bugia ma se vi dicessi che non ci credo vi direi una bugia più grande».

16 dicembre 2019