Rapporto Oxfam: cresce la disuguaglianza economica

In Italia oltre il 23% della ricchezza nazionale in mano all’1% della popolazione. A livello mondiale, 62 super-ricchi possiedono quanto metà del pianeta

In Italia oltre il 23% della ricchezza nazionale in mano all’1% della popolazione. A livello mondiale, 62 super-ricchi possiedono quanto metà del pianeta

Alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos, Oxfam pubblica il suo rapporto sulle disuguaglianze nel mondo, diffuso proprio ieri, lunedì 18 gennaio. Sotto i riflettori anche l’Italia, dove l’1% più ricco della popolazione possiede il 23,4% della ricchezza nazionale diretta, pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero degli italiani. Ancora, dal 2000 al 2015 anche l’incremento della ricchezza non si è distribuito in modo equo: olte la metà è andata a beneficio del 10% più ricco della popolazione.

Per il direttore generale di Oxfam Italia Roberto Barbieri, «l’elusione fiscale delle multinazionali ha un costo per i Paesi in via di sviluppo stimato in 100 miliardi di dollari all’anno, e ha un impatto importante anche nei Paesi Ocse come l’Italia». Il governo italiano «può agire per porre fine all’era dei paradisi fiscali, sostenendo a livello nazionale e in Europa una serie di misure – continua -. Per le imprese multinazionali sono necessari maggiore trasparenza e approcci comuni da parte degli Stati».

Obbligo di rendicontazione pubblica in ogni Paese in cui operano le multinazionali Ue e modello vincolante di tassazione unitaria all’interno dell’Unione perché le tasse vengano pagate dove l’attività economia si svolge realmente. Queste alcune delle proposte di IOxfam, al centro della campagna “Sfida l’ingiustizia”, lanciata da Oxfam Italia per dire «basta ai paradisi fiscali e rendere credibile l’impegno preso dai leader mondiali di eliminare la povertà estrema entro il 2030».

Le cose non vanno meglio a livello mondiale, con l’1% della popolazione che possiede più del restante 99%. In concreto, 62 super-ricchi che detengono la stessa ricchezza di metà del pianeta. Solo 6 anni fa erano 388. Il rapporto descrive dunque un mondo nel quale la crescente disuguaglianza economica ha impatti devastanti sulle persone meno abbienti e rischia di vanificare la lotta alla povertà globale. Dal 2010 infatti 3,6 miliardi di persone, vale a dire la metà della popolazione mondiale, ha visto la propria quota di ricchezza ridursi di circa mille miliardi di dollari: una contrazione del 41%, nonostante l’incremento demografico abbia registrato 400 milioni di nuovi nati nello stesso periodo. I 62 super-ricchi hanno invece registrato un incremento di oltre 500 miliardi di dollari, arrivando così ad un totale di 1.760 miliardi di dollari, in un contesto che continua a lasciare le donne in condizione di grave svantaggio (perfino tra i 62 super-ricchi solo 9 sono donne).

Il divario tra i più ricchi e il resto del mondo, è la denuncia di Oxfam, è «drammaticamente cresciuto negli ultimi 12 mesi», nonostante le dichiarazioni d’intenti dei leader mondiali. E la disuguaglianza economica estrema ha un grande impatto nella riduzione della povertà, che rimane una sfida prioritaria della comunità internazionale. Dal 1990 al 2010, anche se il numero di poveri assoluti si è ridotto, il reddito medio annuale del 10% più povero della popolazione mondiale è cresciuto di meno di 3 dollari all’anno negli ultimi 24 anni: meno di un centesimo al giorno. Se la disuguaglianza non fosse aumentata all’interno dei Paesi tra il 1990 e il 2010, 200 milioni di persone in più sarebbero definitivamente fuori dalla povertà estrema.

«Inaccettabile», per la direttrice di Oxfam International Winnie Byanyima, che metà della popolazione più povera del mondo possieda meno ricchezza rispetto a poche decine di persone. «Di fatto – osserva – i leader mondiali non hanno ancora intrapreso alcuna azione concreta per contrastare una disuguaglianza crescente e ormai fuori controllo». La strada da percorrere, per Oxfam, è quella della lotta ai paradisi fiscali, nei quali multinazionali ed élites economiche si rifugiano evitando di contribuire, «con la giusta quota di tasse», al finanziamento di servizi pubblici gratuiti e di qualità a tutti i cittadini. Proprio per questo, continua Byanyima, «a Davos, quest’anno, chiederemo con forza a governi e grandi corporation di porre fine all’era dei paradisi fiscali. Oggi 188 delle 201 più grandi multinazionali sono presenti in almeno un paradiso fiscale, alimentando una disuguaglianza economica estrema che ostacola la lotta alla povertà».

In concreto, basterebbe pagare le tasse sul reddito generato dagli investimenti offshore, quadruplicati, secondo il rapporto, a livello globale dal 2000 al 2014, per un totale di 7.600 miliardi di dollari di ricchezza di privati individui depositati nei paradisi fiscali. «I governi – suggerisce Oxfam – avrebbero a disposizione 190 miliardi di dollari in più ogni anno». Un esempio su tutti: l’Africa, con il 30% della ricchezza del continente depositato su conti offshore per un ammontare complessivo di circa 14 miliardi di dollari all’anno in mancate entrate fiscali. «Con una tale somma in Africa si potrebbero assicurare servizi sanitari che salverebbero 4 milioni di bambini ogni anno e retribuire un numero di insegnanti sufficiente a consentire a tutti i bambini del continente africano di andare a scuola», si legge nel rapporto. Evidenziati anche il divario retributivo sempre più ampio tra lavoratori e top-management e la sovra-rappresentazione delle donne negli impieghi a basso reddito.

19 gennaio 2016