Quel virus che “ricentra”. Diario di una Chiesa domestica

L’esperienza della comunità di San Nicola di Bari, a Ostia: dal Rosario via Skype delle famiglie agli Scout d’Europa, fino alle iniziative di solidarietà

Niccolò ha 8 anni. Puntuale ogni giorno dall’inizio della pandemia alle 19.30 attiva la chiamata via Skype. Sono una decina le famiglie connesse, quasi tutte della stessa parrocchia San Nicola di Bari, di Ostia. Ci tiene molto perché è lui che spontaneamente fin dall’inizio della quarentena guida una decina del rosario. Una breve meditazione di santa Teresina introduce la preghiera. Poi Niccolò inizia e gli altri rispondono. «È stato un momento che abbiamo desiderato, tra amici, per sostenerci in questo tempo sospeso, tenerci uniti nella distanza», spiega Sara, la mamma. «Dopo la preghiera ci fermiamo per scambiarci notizie sulla giornata trascorsa, su iniziative domestiche, film e altro», aggiunge Valentina. «La voce di Niccolò è stato un grande dono e fa riflettere anche sul ruolo dei bambini nella comunità. E  poi – aggiunge Marcella – quel pensiero vivifica la giornata successiva e la preghiera condivisa si trasforma in concrete azioni di carità».

Le liturgie via streaming, le catechesi quotidiane, la possibilità di usufruire di un appuntamento anche per il catechismo online non mancano. «Una grande offerta, indubbiamente, ma mai come ora ho sentito forte la Chiesa domestica, quella vissuta in famiglia», sottolinea Federica, catechista, sposata con Alessandro e mamma di 4 bambini. «Abbiamo vissuto una settimana Santa davvero intensa, tutti insieme: dal preparare il pane il giovedì Santo raccontandoci come Gesù ha agito nella nostra vita in modo speciale, alla lavanda dei piedi compiuta dal papà alla famiglia». Ancora, la rievocazione della cena ebraica «per ricordare la grande storia della Salvezza in cui siamo inseriti. E poi la vicinanza del Santo Padre, la comunione spirituale, la festa della risurrezione, quella interiore, senza fronzoli».

La pandemia ha imposto restrizioni, interrotto abitudini, messo a nudo certezze: il ruolo del sacerdote, l’Eucaristia domenicale, l’essere comunità. «Un tempo di potatura per crescere -sottolinea Sara -, non dare per scontato, ritornare a chiedersi chi siamo o meglio chi siamo chiamati a essere». «Sono stati davvero preziosi gli Esercizi Spirituali fatti online, per poter tornare, in tempo di digiuno eucaristico, alla Parola e in essa ritrovarsi», racconta Maria Teresa. «Penso che questa situazione ci abbia riconsegnato anche una grande responsabilità – aggiunge Lorenzo, papà di Niccolò -: tornare noi genitori a essere i primi catechisti dei figli, ricordarci che la Chiesa è fatta di persone prima che di strutture e che l’Eucaristia, per noi scontata, resta in molte parti del pianeta spesso solo un desiderio, per la mancanza di sacerdoti. Tutto questo avvicina i cuori, ci rende misericordiosi, capaci di comprendere meglio la natura di questo desiderio profondo che abbiamo, segno della presenza di Gesù».

Anche le realtà che fanno parte della comunità sono chiamate a ripensarsi, a ritrovare il loro dna e, tra tanti divieti, a scovare una nuova audacia, suggerita dall’oggi. Lo racconta la prontezza di Federico, 18 anni, ad un passo dalla “particolare” maturità che lo attende, rover del gruppo Scout d’Europa della parrocchia. Ogni giorno è alla mensa Caritas per rispondere a una chiamata profonda, interiore, che è già segno di un test superato: quello con il proprio egoismo. Lo ricordano Francesco, Daniele e Tommaso, 3 ragazzi di 16 anni, capi squadriglia. Con le loro biciclette e il consenso dei genitori, raccolgono nelle abitazioni vicine alla loro, con attenzione e prudenza, generi alimentari per chi è in difficoltà e ogni giorno li trasportano in parrocchia, dove i sacerdoti sono sempre presenti. Le Vincenziane il venerdì procedono alla distribuzione. «Abbiamo sentito che la fila dei poveri era aumentata e i volontari erano diminuiti. Abbiamo dato disponibilità», riferiscono. Hanno così toccato con mano la generosità di tanti che la matematica evangelica, insieme alla loro disponibilità, ha moltiplicato, permettendo il Venerdì Santo, la distribuzione di 150 pacchi viveri.

«È la difficoltà dell’altro che, sentita nel proprio cuore, può innescare il meglio di noi – raccontano i capi scout del gruppo -. Fin dai primi giorni abbiamo avvertito forte il nostro disagio. Non esiste uno scoutismo online ma evidente era anche l’importanza di rimanere accanto ai ragazzi. Abbiamo riflettuto molto e insieme sulle modalità da adottare, per rispettare loro e le famiglie in questo delicato momento. Le telefonate in primis e poi le chiamate via skype, le battaglie navali, le cacce al tesoro, i canti, così come i momenti di approfondimento della Scrittura con esperti raggiunti anche al di là dell’oceano, sono stati solo strumenti per mantenere una relazione, in modo discreto, non invadente, un dire loro una prossimità lasciando anche a ciascuno la possibilità di provare nostalgia e ripensare in libertà la propria adesione».

24 aprile 2020