Quando “Nascere non basta”: la risposta di Sant’Egidio

Nel libro di Adriana Gulotta il lavoro degli operatori del programma Bravo! con i “bambini invisibili” dell’Africa. Riccardi: l’obiettivo è «allargare la democrazia»

Quando una coppia scopre di aspettare un figlio, in famiglia scatta il totonome. Come chiamare il bimbo o la bimba in arrivo è una delle prime domande che si pongono i neo genitori. L’articolo 7 della Convenzione sui diritti dell’infanzia stabilisce che il bambino deve essere «registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome». Ma ancora oggi non è così dappertutto. Oltre un terzo dei 125 milioni di bambini che nascono ogni anno nel mondo non è iscritto allo stato civile. Visibili agli occhi ma di fatto inesistenti. In Burkina Faso sono definiti “sans papier”, nelle Filippine “unofficial”, in America Centrale i “ninos indocumentados”, senza dimenticare i piccoli Rohingya senza identità. Per permettere a migliaia di invisibili di esistere, nel 2008 la Comunità di Sant’Egidio ha promosso il programma Bravo!, che gratuitamente, e in molti casi con l’ausilio di unità mobili che viaggiano in aree rurali e in zone isolate, registra la popolazione all’anagrafe. Il lavoro degli operatori è raccontato nel libro “Nascere non basta. Bambini invisibili, tratta dei minori e stato civile in Africa”, curato da Adriana Gulotta, coordinatrice del programma, per le edizioni San Paolo, presentato ieri sera, 14 febbraio, nella Sala Benedetto XIII dell’Istituto San Gallicano.

La forza di Bravo! è quella di «allargare la democrazia, rendere centinaia di migliaia di persone elettori o futuri elettori», ha detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che firma l’introduzione del volume le cui pagine lasciano «raccapricciati» i lettori. Un programma nato dalla «maturata sensibilità di conoscere il dolore dell’esclusione» e che negli anni, fra numerose «difficoltà logistiche, tecniche e politiche, ha registrato la disponibilità alla collaborazione di alcuni Stati africani che hanno riconosciuto la propria incapacità e fatica», ha aggiunto Riccardi, ricordando che il programma contribuisce alla formazione di migliaia di operatori e di funzionari di stato civile. Un lavoro che da quasi quindici anni tende a restituire diritti alla cittadinanza, la cui «assenza – ha concluso Riccardi – fa comodo e non è un tema prioritario nelle politiche degli Stati patrimoniali e dittatoriali».

Oltre ai dati, il libro dà voce anche ai racconti di “enphants de la rue”, bambini di strada privi di qualsiasi documento e pertanto inesistenti per lo Stato. A tal proposito il presidente della Comunità di Trastevere Marco Impagliazzo, che ha moderato l’incontro, ha rimarcato che l’assenza di registrazione all’anagrafe comporta l’invisibilità. «Non si è cittadini – ha detto -, non si fa parte della popolazione del proprio Stato, non si può essere iscritti a scuola né usufruire dei servizi sanitari e se i bambini scompaiono i genitori non possono dimostrare la podestà genitoriale». In Burkina Faso, Malawi, Mozambico sono più di 5 milioni i bambini africani diventati “visibili” grazie a Bravo!, con il quale Sant’Egidio ha avviato la «pedagogia della cittadinanza che parte dall’evidente necessità di essere riconosciuto parte di una comunità, che è tale solo se a sua volta diventa pietra costruttiva di uno Stato», ha affermato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che ha definito il libro «inquietante» perché mette in luce «l’assunzione di verità di un mondo diventato ancora più ineguale, ma è possibile fare qualcosa, trovare persone di buona volontà che vogliono cambiare le cose pur avendo presenti le difficoltà e la complessità delle vicende storiche che stiamo affrontando».

Per l’Alto Commissario Onu per i Rifugiati Filippo Grandi, intervenuto in collegamento, bisogna riflettere su come sia possibile che la società odierna «così iper-visibile e iper-connessa produca tanta invisibilità» e meditare anche sul fatto che in un mondo come il nostro, «ossessionato dall’identificare, ci siano sacche così vaste non identificate che diventano luogo di abuso e di sfruttamento. La mancanza di una identità legale – ha detto – è un ostacolo irreparabile allo sviluppo dell’umanità. Oggi l’inclusione di chi è in movimento e di chi non è registrato è la forma più efficace di protezione che possiamo offrire». Con questo programma si consolida «il legame profondo» tra Sant’Egidio e l’Africa, ha affermato la coordinatrice di Bravo! Adriana Gullotta; si consolida «il senso di fraternità tra le persone e i popoli, nella consapevolezza di essere tutti parte della stessa famiglia umana». Tra gli interventi anche quello di Colette Guiebré, responsabile del programma Bravo! in Burkina Faso, Gianpiero Dalla Zuanna, professore all’università di Padova, e Alessandra Muglia del Corriere della Sera.

15 febbraio 2022