Quando il carcere diventa luogo di misericordia

Alla festa estiva de Il Centro, il confronto tra Luciano Violante e l’aiuto assistente spirituale a Casal del Marmo, don Niccolò Ceccolini

Alla festa estiva de Il Centro, il confronto tra Luciano Violante e l’aiuto assistente spirituale a Casal del Marmo, don Niccolò Ceccolini 

Giustizia e misericordia, un tema sempre aperto su cui ieri sera, 19 giugno, si sono confrontati la voce laica di Luciano Violante, ex magistrato ed ex presidente della Camera dei deputati, e l’ispirazione religiosa di don Niccolò Ceccolini, aiuto assistente spirituale del carcere minorile di Casal del Marmo. Il dialogo si è svolto nel cortile del centro giovanile “Il Centro”, durante il primo dei tre fine settimana di cui si comporrà la festa del ritrovo gestito dall’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e della Regina dei Martiri Maria Santissima Addolorata. Titolo della serata “Quale giustizia senza perdono”. Le diverse prospettive si sono concentrate sulla realtà del carcere: «Il carcere ha due dimensioni – ha spiegato Violante – una normativa e una spirituale», una considerazione a cui ha aggiunto: «La giustizia normativa non risana».

La giustizia dello Stato, ha spiegato
Violante, ha per sua natura degli «automatismi» per questo è fondamentale l’aspetto umano: «La misericordia è dell’umanità – ha aggiunto l’ex presidente -. Chi compie un delitto rompe un rapporto con l’altro, l’altro può diventare un male o un bene. Sono processi che vano aiutati. I condannati hanno solitudine umana, che non significa che non hanno amici. Il nostro mondo è attraversato da solitudini di massa». Dal male, concordano il parroco e il politico, non si esce da soli: «Nessuno perdona da solo se stesso, ci vuole qualcuno che ti prende per mano e ti dica che spera in te – ha continuato padre Ceccolini -. Loro lo capiscono e non si giustificano. Riconoscono che certe scelte sono state la strada più semplice».

Per don Ceccolini è una questione
di dignità: «Io ho a che fare con ragazzi dai 14 ai 25 anni – ha esordito – il carcere è un luogo di abbandono umano ma anche di incontri bellissimi, di entusiasmo per la vita che vogliono recuperare e di incontro con la parola della speranza». Prima che trovare perdono all’esterno, i giovani carcerati devono trovarlo in sé: «Devono perdonare loro stessi. Un ragazzo di Scampia mi ha raccontato che non riesce a perdonarsi. Oppure non riescono a perdonare la loro famiglia. Due fratelli provenienti dalla Romania hanno dovuto occuparsi della loro famiglia dopo che il padre se ne era andato, hanno compiuto rapine e furti. Quello più grande un giorno ha telefonato al padre dicendogli: ho bisogno che tu faccia il padre. Lui gli ha chiuso il telefono. Hanno queste ferite. Drammi e solitudine».

Tutto il carcere, secondo Violante, ha bisogno di misericordia: «C’è bisogno di misericordia anche per le forze dell’ordine – ha spiegato -. Il personale penitenziario si vede trascurato. Quel soggetto c’è , ha una sua condizione umana e spesso sono considerati meno dei detenuti. Tutto il carcere ha bisogno di misericordia, da chi può fare ponte». Così come per le vittime: 15 giorni fa è nata l’associazione “Nessuno tocchi Abele”. C’è un pezzo di società che cha paura che ci sia un disconoscimento della vittima. Se il meccanismo del perdono è «intermittente», si inseriscono altre logiche bisogna recuperare una condizione di difficoltà: «Se riusciamo a fare in modo che nessuno si senta solo, arriveremo a una civilizzazione dell’istituzione».

Bisogna avere tanta pazienza, conclude Ceccolini: «Un’arma potente – secondo il parroco – è esserci. Crea quel clima di fiducia, con gli agenti, con i ragazzi. Il fatto di essere lì sia il giorno prima che il giorno dopo ti permette di cogliere quello spiraglio, la parola giusta. I cuori anche più duri si aprono di fronte a questa fedeltà». Contano i piccoli gesti, l’indirizzo di un amico incarcerato, francobolli per scrivere a casa, ma soprattutto istruzione per salvarsi dall’abbrutimento: «In questa sfera umana la misericordia dà opportunità concrete per cambiare».

Infine Violante ha ripreso il Vangelo: «Gesù sulla croce dice “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”». La legge, ha continuato, oggi distingue tra chi compie o no consapevolmente i reati, ma resta il dubbio: «Quante perone che commettono il male capiscono fino in fondo cosa hanno fatto? Pochissimi casi. Vedere se sanno davvero credo che sia molto importante. Misericordia è anche far capire, fino in fondo, il male commesso».

 

20 giugno 2016