Proposte adeguate e possibili

Dal convegno in San Giovanni in Laterano sulle responsabilità dei cristiani di fronte alla città. Coraggiosi esempi innovativi e una paziente opera di ricerca. (Luigi Di Liegro)

Nel promuovere la riflessione della comunità cristiana di Roma intorno alle «attese di carità e di giustizia nella Diocesi di Roma», vennero definite dal Cardinale Vicario le modalità e le prospettive di questa iniziativa e, conseguentemente, le tappe da raggiungere nel suo svolgimento.

La prima tappa fu prevista come una presa di coscienza personale e comunitaria del significato attuale della carità, della giustizia in rapporto soprattutto all’impegno di conversione, di presenza e di partecipazione da cui oggi il cristiano e l’intera comunità non possono esimersi. La prima tappa, che ha avuto il suo punto culminante nel Convegno di febbraio in S. Giovanni in Laterano, potrebbe essere considerata deludente se si riducesse a quell’incontro, in cui ci sono state sì delle chiarificazioni sul piano sociologico e teologico, senza però che nessuno si sentisse direttamente compromesso.

Il Convegno, inoltre, può aver offerto l’impressione di aver dato adito ad esplosioni verbali del tipo «vogliamo tutto e subito», senza tener conto delle condizioni e dei condizionamenti storici che di fatto esistono e che non rendono possibile ogni cosa in qualunque momento, generando involontariamente il sospetto di aver favorito una già diffusa sovversione velleitaria od uno spirito qualunquistico.

La seconda tappa mira ad uscire dal generico ed a giungere a proposte concrete, adeguate e possibili, concentrando l’attenzione verso bisogni nuovi e propri del nostro tempo, favorendo la volontà di trovare insieme formule nuove per adeguate soluzioni. Si notano in proposito alcuni coraggiosi esempi innovativi che, pure avendo spesso carattere sperimentale, possono diventare emblematici e che sono senz’altro indicativi della spinta creativa che può venire quando le azioni hanno le loro radici e le loro finalità nella giustizia e nella carità.

Per il momento sono stati individuati quattro settori particolari che sono stati già affrontati, subito dopo l’incontro di febbraio, in apposite «tavole rotonde» a distanza ravvicinata e cioè: handicappati, anziani, infanzia abbandonata, giovani che si drogano.

Non si è trattato di convegni di «studio», quanto, piuttosto di «riflessione» su interventi già esistenti e su interventi possibili, che possono, cioè, evolversi nel giro di tempo relativamente breve, modificando iniziative già esistenti o mettendo in piedi altre forme di iniziativa.

Attraverso questi convegni si è voluto dare inizio ad un impegno teso ad affrontare problemi certamente urgenti ed importanti perché vi sono implicate grosse questioni di carattere organizzativo ma anche di ideologia: da una parte l’evoluzione degli interventi summenzionati verso forme statali, o, comunque, pubbliche, dall’altra l’insufficienza di ogni legislazione a far fronte a tutti i problemi umani sollevati. Handicappati minori in difficoltà, anziani, drogati sono persone che vanno incontrate e comprese sul piano umano e personale. La disposizione di legge da sola non basta, anche se molti aspetti del problema investono la legislazione vigente o la legislazione ancora da farsi.

I settori per ora scelti, come già è stato detto, sono quattro, ma già questi problemi, per molti aspetti, hanno qualche legame con altri problemi che potranno essere organicamente affrontati in seguito e cioè la scuola, il miglior uso dei beni patrimoniali degli enti religiosi, le cliniche dipendenti dall’autorità ecclesiastica etc… Il lavoro finora svolto a livello diocesano ci induce a sottolineare gli orientamenti generali finora emersi ed a riproporli questa volta nelle singole circoscrizioni.

Dovendo scegliere una unità territorialmente ristretta per una iniziativa di proposte e di verifiche di intervento (almeno più ristretta rispetto alla grande città) e amministrativamente strutturata, la circoscrizione è l’unità più appropriata, anche in vista del futuro assetto previsto dalla riforma sanitaria con la istituzione delle unità locali di servizio.

Volendo sintetizzare in un tema gli elementi comuni a quattro problemi finora presi in considerazione e da rilanciare a livello di circoscrizioni, potremmo indicarlo in questo modo: Famiglia e comunità locale di fronte all’emarginazione. Infatti, partendo dall’analisi delle quattro categorie di persone (handicappati, minori abbandonati, anziani, drogati) si vede che c’è di comune l’elemento dell’emarginazione sociale (come fenomeno reciproco della società che emargina; dell’emarginato che perde fiducia e capacità di reinserirsi nel contesto vivo della società); l’emarginazione progressiva non è un fatto ma un processo che si aggrava con il passare del tempo.

Il nucleo familiare è quasi sempre all’origine dell’emarginazione, o per ragioni oggettive (povertà, mancanza di strumenti per il recupero dell’ammalato…) o per ragioni psicologiche (incomprensione verso i figli che sentono il richiamo di ambienti dove è in uso la droga…); spesso ragioni oggettive e psicologiche si sommano insieme.

La soluzione a questo problema è stato ordinariamente quello della istituzionalizzazione, ma ora la tendenza va nel senso opposto, riportando l’emarginato in seno possibilmente alla famiglia di origine (aiutando il nucleo familiare ad accettare questo ritorno) o a un’altra famiglia che ne sappia fare le veci; o comunque trasformando «l’istituto» in un ambiente che si avvicini, per quanto possibile, all’atmosfera familiare.

Non tutti, ma alcuni di questi problemi possono essere risolti con il contributo della comunità locale, di quei nuclei di persone, cioè, e di famiglie che hanno la capacità e la disponibilità a mettersi a servizio delle categorie più emarginate. Perché l’emarginazione non è né solo né soprattutto un fatto economico, ma una condizione morale che si risolve attraverso una nuova forma di partecipazione e di corresponsabilità. Per la realizzazione di queste attese è considerato indispensabile l’apporto di tutti gli operatori pastorali e sociali che già operano o che vanno maggiormente sensibilizzati, in collaborazione con gli amministratori locali.

Per motivi di praticità si è pensato di partire da due circoscrizioni, la I (centro storico) e la V (S. Basilio-Pietralata), scelte in base a criteri di maggiore esemplificazione, dove, cioè, si pensa che l’analisi e l’intervento possa essere più facilmente avviato in modo da costruire stimolo e modello per altre zone della città. L’opera iniziata nelle due circoscrizioni prescelte potrà essere progressivamente estesa ad altre zone, almeno con la presentazione del lavoro già svolto e delle indicazioni emerse.

Nell’ambito delle due circoscrizioni prescelte si dovrà formare un comitato operativo composto da sacerdoti in cura di anime, da religiosi e religiose e da laici impegnati in particolare in azioni di volontariato, con il compito di: preparare un incontro in cui presentare gli orientamenti generali in principio e di azione emersi nei 4 incontri sull’emarginazione; analizzare la situazione della circoscrizione in ordine a questi problemi; scegliere e promuovere azioni di intervento e riforma nei vari settori dell’emarginazione presi in esame.

Come si vede, la base di partenza del lavoro da svolgere è costituita dalla relazione e dalla documentazione raccolte nei 4 incontri promossi dal Vicariato sui vari aspetti dell’emarginazione, nonché dalla ricerca di un minimo di dati a livello di circoscrizione e da una prima sensibilizzazione di operatori sociali e pastorali in ordine a questi problemi.

I tempi potrebbero essere i seguenti: dicembre-marzo, avvio del lavoro delle due circoscrizioni summenzionate; aprile-maggio, un incontro generale (anniversario del Convegno sulla responsabilità dei cristiani), con la presentazione critica del lavoro già avviato ed approfondimento sul modo di continuarlo ed estenderlo.

17 novembre 1974