Processo in Vaticano, chiesti 3 anni per Giuseppe Profiti

L’ex presidente del Bambino Gesù accusato di uso illecito di denaro pubblico. La richiesta del Promotore di giustizia: tre anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici e 5mila euro di multa. Il 14 ottobre, con ogni probabilità, la sentenza

Chiesti tre anni di reclusione, l’interdizione a vita dai pubblici uffici e 5mila euro di multa per l’ex presidente della Fondazione Bambino Gesù Giuseppe Profiti, accusato di peculato nella vicende della ristrutturazione dell’appartamento del cardinale Tarcisio Bertone. Sollecitata invece l’assoluzione per insufficienza di prove dell’ex tesoriere Massimo Spina, il secondo imputato nel processo di cui si è svolta ieri, lunedì 9 ottobre, l’ottava udienza (la prima c’era stata nel luglio scorso). A riferirne l’esito, durante il briefing in Sala stampa vaticana, il pool di giornalisti ammessi, che ha riferito che la prossima udienza si svolgerà sabato 14 ottobre: spazio alle arringhe degli avvocati della difesa, alle eventuali repliche e alle dichiarazioni spontanee. Quindi la Camera di consiglio e la lettura del dispositivo della sentenza.

Il reato contestato a Profiti dal Promotore di giustizia Roberto Zannotti, sulla base dell’articolo 168 del Codice penale modificato dalla legge 9/2013,  è peculato «per distrazione e non per appropriazione», e quindi di uso illecito di denaro pubblico. Zanotti ha parlato di «una vicenda sorprendente di opacità, silenzi e pessima gestione del denaro pubblico». Non c’è dubbio infatti, ha dimostrato nella sua requisitoria, che la Fondazione Bambino Gesù abbia pagato 422mila euro alle imprese di Gianatonio Bandera per «fini completamente extra istituzionali», vale a dire la ristrutturazione dell’appartamento dell’allora segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone: l’attico di Palazzo San Carlo, nel quale i lavori furono compiuti dal novembre 2013 fino al 28 maggio 2014. Secondo l’accusa, i due manager della passata gestione, cioè Profiti e il tesoriere Massimo Spina, «hanno utilizzato in modo illecito, a vantaggio dell’imprenditore Bandera, denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù, denaro del quale entrambi avevano la disponibilità in ragione delle funzioni dagli stessi ricoperte». Per quanto riguarda i fatti attinenti a Spina, tuttavia, l’istruttoria «non ha spazzato via i dubbi sul suo ruolo di tesoriere» ma i fatti a lui riconducibili «non hanno superato il ragionevole dubbio». Quanto all’imprenditore Gianantonio Bandera, non era un imputato ma solo un testimone, e in questa vicenda «è stato sicuramente un beneficiario e per certe poste, è stato retribuito due volte», ha sottolineato il Promotore di giustizia.

Secondo l’accusa infatti «il Governatorato non era a conoscenza che un altro ente stesse finanziando la ristrutturazione» dell’appartamento di Bertone. A proposito delle scelte di gestione di Profiti, Zannotti ha ammesso che il suo ruolo di presidente della Fondazione Bambino Gesù si configura come «attività di tipo discrezionale, ma la discrezionalità ha un limite nel vizio che si chiama eccesso di potere», ha obiettato spiegando che nel caso specifico si tratta di «apparente attività conforme a legge ma che in realtà non lo è». La Fondazione infatti, ha rilevato, «doveva operare scelte rispettose dei limiti interni all’attività di gestione: logica e imparzialità».

10 ottobre 2017