Primi vespri: meditazione del cardinale De Donatis

Carissimi battezzati di Roma, nell’avventura credente di Pietro e Paolo, nostri Patroni, troviamo due elementi fondamentali che fondano e rafforzano la testimonianza cristiana: la dimensione del dono e la necessità dell’annuncio.

Essere testimoni del Risorto – come lo sono stati Pietro e Paolo – non è una scelta, un’autoelezione arbitraria o il frutto di un discernimento fatto a tavolino, bensì un dono immeritato: accade qualcosa nella vita che ti rende testimone. Paradossalmente diventi tale malgrado te stesso! Saulo si stava recando a Damasco per dare la caccia ai seguaci della Via: ed ecco che Gesù Risorto gli si para dinnanzi e lo trasforma in qualcosa che non aveva certo previsto. All’origine della testimonianza c’è dunque sempre l’iniziativa di Dio, che sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.

Spesso rischiamo di intendere la testimonianza solo come un dovere. Per gli apostoli essa non era una virtù, uno sforzo, bensì la conseguenza di un fatto credibile, di una esperienza: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito» disse Pietro davanti al Sinedrio. Tacere sarebbe stato negare gli eventi. Ecco il primo aspetto: se vogliamo rinvigorire la nostra testimonianza di fede dobbiamo fare memoria delle circostanze concrete nelle quali siamo stati redenti dalla grazia, abbiamo visto e udito. Sono testimone perché so da che cosa mi ha salvato il Signore, non “in genere” ma nel concreto della mia vita fatta di vuoti, di peccati, di illusioni!

Il secondo aspetto è legato alla necessità dell’annuncio. Pietro e Paolo sono stati in grado di «rendere ragione della speranza che avevano sperimentato». La loro azione apostolica ha prodotto una sinfonia tra opere e annuncio, tra gesti e catechesi. D’altra parte – come ricorda la costituzione conciliare Dei Verbum – è Dio stesso che educa il suo popolo con «gesti e parole intimamente connessi». Riflettiamo bene su questo aspetto, soprattutto nel contesto del cammino diocesano di ridefinizione della pastorale che abbiamo intrapreso. Facciamo cose buone, ma sovente non sappiamo spiegarle, renderle comprensibili. L’annuncio del Vangelo crea i presupposti affinché la testimonianza sia leggibile, chiara. Senza annuncio la testimonianza rischia di rimanere un bel film distribuito in lingua straniera, senza sottotitoli.

Siamo onesti: diamo corso a tante iniziative belle, ma allora… perché non sboccia la fede? Forse perché non siamo in grado di fornire categorie giuste per decodificare la testimonianza. Ecco allora, insieme alla memoria della salvezza, al dono della testimonianza, siamo invitati a riportare in alto il gusto della lettura, dell’approfondimento, del perdere tempo sulla Scrittura per aiutare gli altri a comprendere la bellezza della fede. In particolare chi si prepara al ministero ordinato deve recuperare la passione per lo studio, con lo scopo preciso di riappropriarsi di quel munus docendi del prete oggi tanto necessario e forse un po’ trascurato.

Chiediamo ai nostri Santi Pietro e Paolo di intercedere a nostro favore: che lo Spirito ci doni la memoria della salvezza ricevuta e la passione per un annuncio profondo, motivato e comprensibile.

 

Così sia.

 

2 luglio 2018