Primavera Rugby: adulti e adolescenti autistici imparano le regole

Bambini e ragazzi, dai 15 ai 30 anni, giocano insieme, incatenandosi con abbracci affettuosi, mantenendo la fila in attesa dei comandi dell’allenatore

Al di là del fiume Tevere, un poco a destra rispetto all’obelisco fascista che funge da perno centrale del Foro Italico, corre sotto i pioppi una pista ciclabile ben tenuta. In 20 minuti ci accompagna al numero 57/B di viale Tor di Quinto, sede del centro sportivo Flaminio Real, un campo verde e soffice sopra cui prende vita il progetto “Rugby-Autismo” della società Primavera Rugby, creato nel 2012 dopo un incontro casuale con L’emozione non ha voce onlus (nata il 19 luglio 2012). L’intento, come raccontano genitori, allenatori e simpatizzanti, è lavorare attraverso l’integrazione umano-sportiva per dare voce ad adolescenti e adulti autistici, auspicando che ognuno di essi possa esprimere le sue capacità, al massimo della sua autonomia, sia in campo che nella quotidianità, favorendone un inserimento lavorativo. Bambini e ragazzi, dai 15 ai 30 anni, giocano assieme, incatenandosi l’un l’altro con abbracci affettuosi, mantenendo la fila indiana in attesa dei comandi di Aldo, ex ala della Primavera Rugby e da tre anni allenatore e sostenitore del progetto sociale.

«Come aiuta l’aggregazione lo capisci solo se ci sei dentro – spiega il giovane passando un pallone a Nando -. Malgrado le difficoltà, la molla che mi fa continuare è ripensare alle origini, quando i ragazzi avevano paura degli urti, dei placcaggi, alcuni erano violenti, altri disorientati. Ma passo dopo passo, percepisci che la soddisfazione più grande è vederli trovare una propria dimensione nel gruppo. Aiuti loro e aiuti te stesso, oltre che dare sollievo ai genitori. Altrimenti che si fa? Facciamo finta che non esistono?». La condivisione dei principi base di questo sport come la correttezza e il rispetto per l’avversario, la necessità di costruire insieme per raggiungere obiettivi, la caparbietà di avanzare metro per metro portano in media 30 bambini e ragazzi autistici ogni sabato su questo campo, oggi illuminato da un sole pallido sufficiente a scaldare atleti e passanti.

Giacomino ha 27 anni, è alto pressappoco due metri e pesa 120 chili. Oltre al rugby pratica anche basket e atletica ma per quanto riguarda l’ovale, nessuno lo butta giù, va in meta camminando, come se si stesse godendo una visita al Colosseo. Francesco, la mascotte, di gran lunga più giovane, sgattaiola sotto le gambe degli adulti rubando pezzi di crostata al cioccolato offerti per il terzo tempo. Appoggiati alla staccionata che delimita il rettangolo di gioco, stringo la mano ad Alberto, 51 anni, padre di Francesco: «Il rugby è stato una svolta per i nostri figli. Hanno imparato a rispettare la fila, le attese, a passare il pallone, a stare in gruppo, quando solo l’idea di camminare tra la gente li spaventava. Senza contare che l’ovale aiuta tanto anche noi: le chiacchiere, lo stare assieme alleggeriscono una condizione dura da accettare». Intanto il piccolo Mario corre sull’erba attratto da un raggio di sole, un’ombra, forse una nuvola passeggera. (Matthias Canapini/foto di Chiara Asoli)

30 aprile 2019