“Pride”, gli U2 nel ricordo di Martin Luther King

Uno dei brani più celebri del gruppo, dedicato al grande testimone di pace ucciso 50 anni fa a Memphis

«Un uomo straordinario per tempi straordinari»: così Bono, leader degli U2, ha definito Papa Francesco dopo la recente udienza in cui ha dichiarato il suo sostegno alla missione educativa della Fondazione Scholas Occurrentes (voluta dal Papa) attraverso l’organizzazione benefica di cui è cofondatore. Un’alleanza per l’educazione dei giovani per fronteggiare la “brutta bestia” del capitalismo. In nome dell’amore per il futuro dell’umanità.

In nome dell’amore. Come quel brano dedicato a un altro grande “uomo straordinario per tempi straordinari” che 50 anni fa venne ucciso a Memphis, Martin Luther King. Un testimone di quella misericordia che Francesco sta invocando lungo tutto il pontificato, fino a dedicarle un Giubileo specifico. Era il 4 aprile del 1968 – anno di grandi sconvolgimenti, in luglio fu Robert Kennedy a essere colpito a morte – quando il leader della lotta per i diritti civili fu colpito in un albergo di Memphis.

“Pride (in the name of love)” – questo il titolo del brano degli U2, scritto nel 1984 proprio da Bono – ricorda proprio il giorno di quell’episodio tragico, che chi visse quegli anni non dimenticherà mai. Lo ricorda, è vero, con un piccolo errore, visto che il verso “4 aprile, prime ore del mattino / Uno sparo risuona nel cielo di Memphis” non corrisponde alla realtà: King, infatti, fu ucciso nel pomeriggio. Ma la canzone resta un segno di come la musica possa cogliere le inquietudini dell’uomo, perfino entrare nella cronaca e nella Storia, quella con la S maiuscola, e proporre una testimonianza altissima di tensione ideale, di partecipazione alle sofferenze e di rivendicazione di un sano “orgoglio” (“pride”, appunto). «Sei libero, infine, ti hanno preso la vita – recitano i versi del brano degli U2 con la voce di Bono-. Ma non hanno potuto prenderti l’orgoglio».

«Sei libero, infine». E non possono non venire in mente le parole dell’epitaffio inciso sulla tomba di Martin Luther King ad Atlanta, in Giorgia: «Finalmente libero, finalmente libero, grazie a Dio onnipotente sono finalmente libero». Parole che richiamano quelle con cui King, il 28 agosto 1963, concluse il suo celebre discorso del “sogno” (“I have a dream”) a Washington: «Risuoni quindi la libertà. E quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio, da ogni Stato e da ogni città, acceleriamo quel giorno nel quale tutti i Figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio gospel: “Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie Dio Onnipotente, liberi finalmente».

 

25 settembre 2018