Presidenziali in Russia: il leader del Cremlino sfiora il 90%

È il quinto mandato, dopo 24 anni trascorsi al potere. Il grazie ai russi e la promessa: «Nessuno ci intimidirà». Code alle ambasciate all’estero, per il “Mezzogiorno contro Putin” lanciato dal dissidente Navalny poco prima di morire. A Berlino applausi per la vedova Yulia

Con percentuali record che sfiorano il 90%, Vladimir Putin esce vincitore dalla maratona elettorale russa, conquistando il quinto mandato, dopo 24 anni già trascorsi al potere. E ringraziando i russi per la «totale fiducia», presentandosi in serata al quartier generale della campagna elettorale promette che il Paese diventerà più forte e assicura: «Nessuno ci intimidirà o ci schiaccerà». Nella stessa occasione, ieri sera, 17 marzo, per la prima volta pronuncia il nome di Aleksey Navalny, il suo oppositore morto in carcere poco più di un mese fa. «Abbiamo avuto altri casi in cui persone sono morte in prigione. Non è mai successo negli Stati Uniti?», afferma rispondendo ha una domanda. E dichiara pubblicamente di aver accettato che Navalny venisse scambiato con prigionieri russi nei Paesi occidentali, a patto che non tornasse in Russia.

Il leader del Cremlino si è aggiudicato tra l’87% e l’89% delle preferenze – si attende ancora il dato del voto elettronico -; fermo al 4,7%, in seconda posizione, il comunista Nikolai Kharitonov, al 3,6% Vladislav Davankov, il candidato di Gente Nuova, e al 2,5% Leonid Slutsky, del Leonid Slutsky. Massiccia, stando ai dati ufficiali, la presenza alle urne, per la prima volta elezione articolata in tre giorni: oltre il 73%. Alle ultime presidenziali, nel 2018, la percentuale era del 67,5%.

Vittoria se possibile ancora più netta, per Putin, nelle quattro regioni ucraine parzialmente controllate dalle truppe di Mosca e annesse dalla Russia nel 2022, dove la partecipazione al voto è stata tra l’80 e il 90%. In particolare, lo zar ha ottenuto fino al 95% nel Donetsk, al 94% nel Lugansk, al 93% nella regione di Zaporizhzhia e all’88% in quella di Kherson. Le file più lunghe però si sono registrate davanti alle ambasciate russe nel mondo. A Berlino, soprattutto – dove è andata a votare la vedova di Navany Yulia Navalnaya -, divenuto quartier generale dell’opposizione emigrata all’estero, ma anche a Jerevan, in Armenia, dove nei primi mesi dopo l’inizio della guerra si sono riversati migliaia di russi, e poi a Phuket, in Thailandia. Oltre 327mila, secondo il ministero degli Esteri russo, le persone che hanno votato nei seggi all’estero. Secondo gli exit poll pubblicati dal “Russian election monitor” sul voto nelle ambasciate europee, Putin avrebbe avuto il 16% (3% all’Aja, il 5% a Istanbul, il 6% di Londra, il 10% di Berlino), contro il 49% di Vladislav Davankov al 49%. I dati ufficiali del voto on line vedono invece Putin all’89,1% e Davankov 4,4%. Non mancano, sui social, denunce di brogli e di irregolarità. Per la Fondazione “Russia libera”, «gli osservatori sono assenti, la repressione dilaga, e c’è uno stretto controllo sullo spazio dell’informazione». Basti pensare che nella giornata di ieri, 17 marzo, 86 persone sono state fermate in 12 diverse città della Federazione.

In questo clima, alle 12 di ieri, domenica 17, si sono formate code di centinaia di persone davanti ai seggi nel centro di Mosca e in altre città. Immagini rilanciate dai canali della dissidenza: il “Mezzogiorno contro Putin”, l’iniziativa lanciata dallo stesso Navalny poco prima di morire e rilanciata, nei giorni scorsi, dalla vedova Yulia. L’idea era quella di ritrovarsi alle 12 in punto, nell’ultimo giorno utile per il voto, davanti ai seggi e annullare la scheda scrivendo il nome di Aleksej Navalny. E le file si sono formate soprattutto a Mosca e a San Pietroburbo ma tutto si è svolto senza gravi incidenti, anche se la ong Ovd-Info ha segnalato 74 fermi in tutta la Russia, soprattutto per episodi individuali di protesta. Impossibile conoscere il numero delle schede annullate. Nelle parole di Leonid Volkov, l’ex braccio destro di Navalny aggredito a martellate nei giorni scorsi in Lituania, la certezza che la schiacciante vittoria di Putin «non ha nulla a che fare con la realtà».

Immancabile, nella conferenza stampa di Putin al termine delle consultazioni, il riferimento con «parole speciali di gratitudine» ai soldati al fronte in Ucraina da oltre due anni, che «svolgono il compito più importante: proteggere il nostro popolo». Poi, il monito a chi vuole sfidare la Russia: «Non importa quanto abbiano cercato di spaventarci, di sopprimere la nostra volontà, la nostra coscienza, nessuno ci è mai riuscito nella storia. Hanno fallito ora e falliranno in futuro». E l’avvertimento alla Nato: un conflitto porterebbe «a un passo dalla terza guerra mondiale».

18 marzo 2024