Presentato in Vaticano il nuovo Direttorio per la catechesi

L’arcivescovo Fisichella, che firma la prefazione: tra le priorità, il catecumenato degli adulti, la formazione dei catechisti e l’urgenza di «nuovi linguaggi con cui comunicare la fede». Il grande contributo delle donne

Fare fronte alle «nuove problematiche che la Chiesa è chiamata a vivere», e in particolare al fenomeno della «cultura digitale» e della «globalizzazione della cultura». Questo l’obiettivo del nuovo Direttorio per la catechesi, approvato da Papa Francesco il 23 marzo scorso e presentato oggi, 25 giugno, in Sala stampa vaticana, a 23 anni dal Direttorio generale per la catechesi e a 15 anni dal Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica. «Un’ulteriore tappa nel dinamico rinnovamento che la catechesi attua», si legge nella presentazione del testo, firmata dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.

Il presule mette in guardia dalla «tentazione di adeguarsi a forme di omologazione internazionale», soprattutto nel contesto della formazione alla vita di fede, che invece «si trasmette con l’incontro interpersonale e si alimenta nella sfera della comunità. L’esigenza di esprimere la fede con la preghiera liturgica e di testimoniarla con la forza della carità- prosegue – impone di saper andare oltre la frammentarietà delle proposte per recuperare l’unità originaria dell’essere cristiano. Essa trova il suo fondamento nella Parola di Dio annunciata e trasmessa dalla Chiesa con una Tradizione viva, che sa accogliere in sé l’antico e il nuovo di generazioni di credenti sparse in ogni parte del mondo».

Presentazione del nuovo Direttorio per la catechesi, Fisichella, 25 giugno 2020Peculiarità del nuovo Direttorio è «lo stretto legame tra evangelizzazione e catechesi», a partire dal primo annuncio. Tra le priorità, il catecumenato degli adulti, la formazione dei catechisti e l’urgenza di «individuare i nuovi linguaggi con cui comunicare la fede», ancora le parole di Fisichella. Inevitabile, nel testo elaborato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione , anche il riferimento alla «crisi delle famiglie» e l’auspicio di un maggiore coinvolgimento dei genitori nel percorso di fede dei propri figli. Sottolineato anche «il grande contributo delle donne alla catechesi, come spose, madri, catechiste, lavoratrici e professioniste».

Tre gli atteggiamenti indicati per l’accompagnamento delle famiglie segnate da un amore ferito: «Premura, rispetto e sollecitudine pastorale». L’obiettivo è quello di ridonare fiducia e speranza. «È importante – si legge nel testo – che ogni comunità cristiana guardi con realismo alle eterogenee realtà familiari, con le loro luci ed ombre, al fine di accompagnarle in modo adeguato e discernere la complessità delle situazioni, senza cedere a forme di idealizzazioni e di pessimismo». Quindi l’esortazione ad «accompagnare nella fede e introdurre alla vita della comunità le situazioni dette irregolari, con uno stile di prossimità, di ascolto e di comprensione, evitando forme di solitudine o discriminazione».

Presentazione del nuovo Direttorio per la catechesi, Fisichella, 25 giugno 2020Tra le raccomandazioni contenute nel nuovo Direttorio anche quella di «educare al buon uso e a una più profonda comprensione della cultura digitale, aiutando a discernere gli aspetti positivi da quelli ambigui». Ampio lo spazio dedicato al rapporto tra nuova evangelizzazione e «cultura digitale». La realtà virtuale però «non può supplire la realtà spirituale, sacramentale ed ecclesiale vissuta nell’incontro diretto tra le persone», è il monito. Per testimoniare il Vangelo, «è necessaria una comunicazione autentica, frutto di un’interazione reale tra le persone». Un campanello d’allarme, quello acceso dal Direttori, che riguarda, per esteso, la «mentalità globale» prodotto dai processi di comunicazione di massa: il rischio evidenziato è quello dell’omologazione ma anche quello dei cambiamenti «profondi e complessi» a molti livelli. Il consumo di contenuti digitali, si legge nel testo, «non è un processo solo quantitativo ma anche qualitativo che produce un altro linguaggio e un nuovo modo di organizzare il pensiero».

Urgente allora un’educazione ai media, «perché ci si trova di fronte a una forma di analfabetismo digitale». Serviranno «figure autorevoli, che attraverso l’accompagnamento personale portino ogni singolo giovane a riscoprire il proprio progetto personale di vita – è l’indicazione del Direttorio -. Questo cammino richiede di passare dalla solitudine, nutrita dai likes, alla realizzazione di progetti personali e sociali da realizzare in comunità. La catechesi nell’epoca del digitale sarà personalizzata ma mai un processo individuale: dal mondo individualista e isolato dei social si dovrà transitare nella comunità ecclesiale, luogo in cui l’esperienza di Dio si fa comunione e condivisione del vissuto». Ancora, «è importante aiutare a non confondere i mezzi con il fine, a discernere come navigare in rete, in modo da andare oltre la tecnica per ritrovare un’umanità rinnovata nella relazione con Cristo».

Altro tema al centro del nuovo documento, quello della pastorale migratoria, nella quale sono coinvolte tutte le Chiese particolare, «in quanto appartenenti a Paesi di origine, di transito o di destinazione dei migranti». Evidenziata in particolare la necessità di promuovere «progetti di evangelizzazione e accompagnamento dei migranti in tutto il loro viaggio, con particolare attenzione a rispondere alle loro esigenze spirituali attraverso la catechesi, la liturgia e la celebrazione dei sacramenti». Coniugando, nelle comunità di accoglienza, il «dovere della solidarietà» con la lotta ai «pregiudizi negativi», considerando i «gravi problemi che precedono e accompagnano il fenomeno migratorio». Anche agli emigrati va assicurata «la possibilità di mantenere la fede vissuta nel Paese di origine», con una catechesi che «va organizzata e gestita in pieno accordo con il vescovo del luogo, in modo che si sviluppi in armonia con il cammino della Chiesa particolare e sappia coniugare rispetto dell’identità e impegno all’integrazione».

Nel Direttorio anche l’invito a pensare anche ad una catechesi con «le persone marginali», come «i profughi, i nomadi, i senza fissa dimora, i malati cronici, i tossicodipendenti, i carcerati, le schiave della prostituzione». Quindi, spazio al rapporto tra catechesi e questioni bioetiche, con il richiamo a «un impegno concreto nella difesa della vita e della sua dignità dinanzi alle varie espressioni della cultura di morte che si fa sempre più presente in vasti settori della società mondiale». La difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale «ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole – si ricorda nel testo -. Nella sua missione di promuovere sempre e dovunque la vita umana e di difenderla quando è minacciata, la Chiesa afferma con chiarezza che la vita personale è sacra e inviolabile». Di qui la ferma opposizione alla condanna a morte, «in se stessa contraria al Vangelo», dato che «Dio è il riferimento iniziale e ultimo della vita, dal suo concepimento alla morte naturale».

Tra i principi basilari della bioetica cattolica anche il richiamo al fatto che «la persona è sempre unità di spirito e corpo; la scienza è al servizio della persona;  la vita va accolta in qualsiasi condizione, perché redenta dal mistero pasquale di Gesù Cristo». La catechesi dunque «dovrà porre ogni sforzo per far comprendere l’insegnamento della Chiesa in proposito e aiutare a creare una nuova cultura. La sfida per il rispetto della dignità e dell’integrità della persona rimane, pertanto, uno scenario attuale per l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio nel mondo contemporaneo». Similmente, «parte integrante della vita cristiana» è «l’impegno per la questione ecologica», a cui la catechesi deve richiamare. «Ascoltare il grido della terra, che è strettamente connesso con il grido dei poveri», l’imperativo del testo, sulla scia del magistero di Papa Francesco e dei suoi predecessori.

Strettamente connesso il richiamo all’opzione preferenziale per i poveri, «una forma speciale di primato nell’esercizio della carità che tocca la vita di ciascun cristiano».  In quest’ottica, la catechesi deve «educare alla povertà evangelica e a uno stile di vita sobrio» e favorire nei fedeli alcuni atteggiamenti basilari: «Rispetto per la dignità della persona, sostegno alla sua crescita, promozione della cultura della fraternità, sdegno per le situazioni di miseria e di ingiustizia». Non solo: la catechesi ricorda che «la povertà è una virtù che permette di usare correttamente i beni materiali, aiutando a vivere in modo libero e sano anche i legami e gli affetti». La stessa fede, infatti, «non va vissuta come un fatto individuale, privo di conseguenze concrete sulla vita sociale». Nel suo cammino di approfondimento rientra anche la maturazione di «una visione sociale e politica attenta all’eliminazione delle ingiustizie, alla costruzione della pace e alla salvaguardia del creato, alla promozione di varie forme di solidarietà e sussidiarietà», denunciando le «strutture di peccato che hanno un impatto negativo sul tessuto sociale e sull’ambiente».

«Agire per il bene comune, sia nella sfera della propria quotidianità che, a scala più ampia, nell’impegno sociale e politico più diretto», l’altro imperativo. Nell’ambito del lavoro, infine, la catechesi  «dovrà illustrare il nobile significato dell’impegno umano nel mondo; sostenere la testimonianza cristiana nel luogo di lavoro; aiutare i fedeli a essere fermento di riconciliazione nelle situazioni conflittuali; incoraggiare l’impegno per l’umanizzazione del lavoro; sollecitare la difesa dei diritti dei più deboli».

25 giugno 2020