Premio don Santoro, il primato della condivisione

I riconoscimenti consegnati nel Palazzo Lateranense, alla presenza del cardinale De Donatis. Tra i premiati anche Isabella Bencetti, impegnata a lungo con il marito Luigi, morto nel 2008, a Carabayllo, in Perù

«La Chiesa di Roma non dimentica don Andrea Santoro», il parroco romano fidei donum ucciso il 5 febbraio 2006 a Trabzon, in Turchia. Ad avvalorare le parole del cardinale vicario Angelo De Donatis, la prima edizione del premio intitolato al prete che prestava servizio per la Chiesa in Anatolia animato da uno spirito di dialogo e di incontro. Il riconoscimento è stato consegnato sabato mattina, 26 ottobre, a laici e religiosi che nel mondo si sono distinti per l’annuncio missionario del Vangelo e il dialogo interreligioso. La cerimonia, inserita nel mese missionario straordinario che Papa Francesco ha indetto per la Chiesa universale, è stata organizzata dal Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Apostolico Lateranense.

Sul maxischermo scorrono le foto di don Andrea mentre il porporato, riprendendo l’identikit del missionario tracciato da Papa Francesco, rimarca che non è stato un «notaio della fede né un guardiano della grazia» ma un testimone della “missio ad gentes” , dell’ecumenismo e del dialogo tra cristiani e musulmani. «Scelse di stare in mezzo alla gente nella semplicità e nella condivisione della vita», ha detto il cardinale ricordando che «il missionario è colui che abita tra le persone e diventa per loro attuazione del mistero dell’Incarnazione, dell’amore e della tenerezza di Dio». Quindi l’invito a «usare il cuore, luogo in cui risiede, opera e agisce lo Spirito Santo, per vivere la missione a tutti i popoli».

I premiati, introdotti da don Michele Caiafa, addetto del Centro diocesano, hanno raccontato la loro missione in Perù, in Gibuti, nelle Filippine, ad Haiti, portando non solo «il grido della sofferenza» che si innalza dai quattro angoli del mondo ma anche «il grido della speranza e dello Spirito che fa belle tutte le cose e trasforma il mondo nel regno di Dio», ha spiegato il vescovo Gianpiero Palmieri, delegato diocesano per la Cooperazione missionaria tra le Chiese. «La carità non teme di dare la vita» scriveva don Andrea, proprio come non hanno avuto paura di mettersi in gioco i coniugi Luigi e Isabella Bencetti, sette figli e 26 nipoti. Dal 2001 al 2007 hanno prestato servizio a Carabayllo, nella periferia di Lima, in Perú, a favore di 40mila persone in estremo disagio e povertà. Ritirando il premio anche a nome del marito, diacono nella parrocchia dei Santi Protomartiri morto nel 2008, Isabella, che ha conosciuto don Andrea Santoro, ha invitato i laici a rispondere alla chiamata della missione, per la quale non sono richiesti «limiti di età. La Chiesa ha bisogno di persone che continuino a gridare dai tetti la propria fede».

Suor Marzia Feurra, delle Missionarie della Consolata, vive in Africa da 52 anni. Ha trascorso 40 anni in Somalia, durante la sanguinosa guerra civile, e da 12 è a Gibuti. Confessa di non aver mai convertito nessuno ma spiega che lì dove c’è dolore e guerra rimanere acconto a chi soffre conta più di mille parole. «È il dialogo della vita – ha detto -. Ha un valore più profondo perché è sincero e privo di difese personali». Un dialogo silenzioso che le è però valso l’amore e la stima delle popolazioni che ha servito. Lo hanno testimoniato le donne di Mogadiscio, tutte musulmane, che nel 1998, quando suor Marzia venne rapita, circondarono la casa in cui era trattenuta inscenando un sit-in pacifico, costringendo i rapitori a rilasciarla.

Suor Anna Bacchion, anche lei missionaria della Consolata, al momento presta servizio ad Ali Sabieh, distante circa 100 chilometri da Gibuti Capitale. Con altre consorelle si occupa del campo educativo, della promozione della donna e della salute. Per «seminare amore e rispetto tra gli esseri umani» la religiosa sta approfondendo il documento sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, sottoscritto il 4 febbraio scorso negli Emirati Arabi da Papa Francesco e dal Grande  Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, con i genitori e gli studenti delle scuole che si trovano nella diocesi dove presta servizio.

Premiato anche padre Sebastiano d’Ambra, da 42 anni missionario del Pime nelle Filippine, promotore di “Silsilah Dialogue Movement” da cui è scaturita la Comunità Emmaus, un gruppo di “laiche consacrate”, riconosciuto dalla diocesi nel 1997, con il carisma specifico del dialogo con l’Islam. Ha ricordato il suo stretto collaboratore padre Salvatore Carzedda assassinato il 20 maggio 1992, padre Tullio Favali, ucciso l’11 aprile 1985 e padre Fausto Tentorio raggiunto da due colpi di pistola il 17 ottobre 2011, tutti missionario del Pime.

Suor Maria Lourdes Vilchez Morales, delle Maestre cattoliche del Sagrado Corazon de Jesus, ha ritirato il premio per la comunità missionaria intercongregazionale sorta subito dopo il terremoto del 12 gennaio 2010 per portare sollievo al popolo haitiano. Le missionarie portano attualmente avanti un progetto di sviluppo sociale e promozione umana in uno dei quartieri più poveri di Port au Prince, nato sulle macerie del terremoto, e, con i Gesuiti, prestano servizio alle persone rimpatriate dalla Repubblica Domenicana.

Tutti i premiati hanno ricevuto una targa e i libri che raccolgono gli scritti di don Andrea Santoro che Bergoglio ha definito «eroico testimone dei nostri giorni». Per la sorella Maddalena, il sacerdote fidei donum «sarebbe stato molto felice di ascoltare le testimonianze. Il seme dello Spirito Santo produce frutti anche in un mondo che è l’opposto del Vangelo».

28 ottobre 2019