Una preghiera con Francesco per la pace in Sud Sudan e Congo

L’incontro in basilica di San Pietro il 23 novembre, mentre all’Università Urbaniana una tavola rotonda il 18 gennaio per denunciare il silenzio sulle guerre africane

Sono otto milioni le vittime della guerra civile nella Repubblica Democratica del Congo. Oltre quattro milioni sono i sudanesi uccisi dalla fame e dalla sete o dalle malattie, quando non dalle armi, nel conflitto esploso nello stato più giovane del mondo resosi indipendente nel 2011 e subito precipitato nella lotta intestina per il potere, nel 2013.

Sono i numeri di un genocidio che urla alla coscienza nel silenzio generale dei media mondiali, soprattutto europei. Se n’è parlato ieri, giovedì 16 novembre, nella conferenza stampa di presentazione, alla Radio Vaticana, del progetto “Costruiamo insieme la pace in Sud Sudan e Congo”. Due gli appuntamenti: l’incontro di preghiera che Papa Francesco presiederà nella Basilica di San Pietro, giovedì 23 novembre, alle ore 17.30, e la tavola rotonda organizzata alla Pontificia Università Urbaniana il 18 gennaio 2018.

L’iniziativa è promossa dalle Unioni internazionali dei Superiori generali delle Congregazioni religiose, maschili e femminili, in collaborazione con Propaganda Fide, la Diocesi di Roma, Caritas Internationalis, la Segreteria di Stato della Santa Sede e il dicastero per lo Sviluppo umano. «Cosa possiamo fare?», è la domanda posta da suor Yudith Pereira, di “Solidarietà con il Sud Sudan”, che ha fatto da guida a tutti gli interventi. Sono diciassette le congregazioni religiose impegnate nel paese per aiutare la gente e dire che «la pace è possibile». «La popolazione sudanese non capisce il perché di questa guerra, vuole la pace», ha detto suor Yudith.

«Le persone sono massacrate all’interno delle loro case solo perché sono a favore o contro il presidente», ha spiegato padre Alex Lodiong Sakor, della diocesi di Yei. «Chi non sa neppure dove si trova il Sudan non può interessarsi ai drammi di questi fratelli». Nel gennaio 2014, «i coraggiosi vescovi hanno lanciato un appello di riconciliazione ai Paesi dell’Unione Africana e agli Stati occidentali, chiedendo l’immediata e incondizionata cessazione delle ostilità». Per conto della Santa Sede, il cardinale Peter Turkson ha portato un messaggio di Papa Francesco al presidente sudanese Salva Kiir e al leader dell’opposizione Riek Machar, sottolineando la volontà del pontefice di visitare il paese africano.

«Siamo tutti responsabili di quanto accade», ha affermato padre Alex. «Ogni volta che beviamo una tazza di caffè o di cioccolato o usiamo un telefono cellulare, dovremmo sapere che dietro c’è lo sfruttamento dei bambini africani e spesso il sacrificio della loro stessa vita per pochi dollari». Il Sud Sudan e il Congo sono ricchi di risorse naturali, e le lotte interne per il potere sono spesso alimentate dalla corruzione e dalle ingordigie delle multinazionali straniere che mirano al petrolio, alle miniere di diamanti, ai minerali per le nuove tecnologie e perfino alle terre da coltivare.

«Il Congo è un paese ricco di risorse, dove gli stati esteri intervengono per interessi economici», ha ribadito il padre missionario Freddy Senga. Suor Sheela Kingsey, coordinatrice di “Giustizia, Pace e Integrità della Creazione”, ha parlato degli «stupri usati come armi di massa, in Congo», dove è stato attivato un programma delle Nazioni Unite con cui l’Unione delle religiose si impegna a dare assistenza medica, psicologica e legale alle vittime di violenze e abusi sessuali.

Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis, ha riferito che il Kasai, la provincia centrale del Congo «è distrutto, i bambini non hanno un tetto sotto cui studiare, un milione e mezzo di persone sono sfollate nei campi». «Il Papa fa la sua parte, mentre la comunità internazionale è assente».

 

17 novembre 2017