Povertà, Caritas: «Sempre più italiani chiedono aiuto»

È quanto emerge dal rapporto “La povertà letta dai Centri di ascolto Caritas”: 46 mila gli utenti, il 46,5 per cento italiani

È quanto emerge dal rapporto “La povertà letta dai Centri di ascolto Caritas” sui primi sei mesi del 2014. Circa 46 mila gli utenti, di cui il 46,5 per cento italiani

Sempre più italiani in difficoltà economiche si rivolgono alla Caritas per chiedere aiuto. È quanto emerge dai primi dati del 2014 (primo semestre) raccolti dai 531 Centri d’ascolto in 85 diocesi presenti su tutto il territorio nazionale e pubblicati oggi nel rapporto “La povertà letta dai Centri di ascolto Caritas” in contemporanea con la diffusione dei dati Istat sulla povertà in Italia. Nei primi sei mesi del 2014 sono 45.819 le persone che hanno chiesto aiuto, spiega la Caritas, di cui quasi la metà (il 46,5 per cento) sono italiani. Un dato che solo un anno fa (sempre nei primi sei mesi del 2013) era pari al 31,1 per cento.

«La situazione, tuttavia, risulta eterogenea nelle diverse aree del Paese – spiega il rapporto -. Se nel Nord il peso degli italiani può dirsi ancora in linea con il valore del 2013, nel Centro e nel Mezzogiorno si registra un vistoso incremento. In particolare, nel Sud e nelle Isole la percentuale si attesta oggi al 72,5 per cento; questo può dirsi conseguenza da un lato della minore presenza di stranieri sul territorio, ma anche della situazione di maggiore criticità in cui versano le regioni del Sud Italia».

Dei 46 mila utenti, spiega il rapporto, il 43 per cento si è rivolto a Centri di ascolto delle regioni del Nord, il 31 a sportelli del Mezzogiorno (Sud e Isole) e il 26 per cento delle regioni del Centro. Distribuzione, spiega il report, che «non rispecchia l’incidenza della povertà o la diversa presenza dei Cda nei territori considerati ma dipende dal numero dei Centri che sono in rete attraverso il citato sistema informatico di raccolta dati». Tuttavia, aggiunge il rapporto, la buona distribuzione dei servizi permette di fare riflessioni a carattere generale. Il primo dato è quello sulle diverse nazionalità di quanti si sono rivolti ai centri. Nella restante metà degli utenti «prevalgono quelli provenienti dal continente europeo (44,8 per cento) e dall’Africa (40 per cento) – spiega il rapporto -, che risultano avere un peso quasi equivalente. Tra gli europei, le nazionalità che registrano presenze più cospicue sono quelle dell’Est, in particolare rumeni (44 per cento), albanesi (19,4 per cento) e ucraini (11,3 per cento). Dell’Europa a 28, escludendo la Romania con le sue oltre 4 mila presenze, non si registrano numeri consistenti». Tra i cittadini di nazionalità africana, i più numerosi sono quelli provenienti dal Nord Africa, soprattutto marocchini (52 per cento), tunisini ed egiziani, ma tra i dati ci sono anche altri provenienti dal Centro Africa (in particolare nigeriani) e dell’Africa Occidentale (senegalesi).

Sono i giovani adulti il gruppo più numeroso: tra i 35 e i 44 anni sono il 27 per cento degli utenti. Tra i 45 e i 54 sono il 26 per cento. Elevate anche le percentuali degli under 34 (18-34), pari al 23,2 per cento. Più basse invece per i 55-64enni (15,5 per cento) e gli over65 (8,1 per cento). Tra gli italiani sono più numerose le persone dai 55 anni in su, mentre tra gli stranieri è molto più elevata la percentuale delle classi giovanili (18-34, pari al 32,6 per cento; 35-44, pari al 31,4 per cento). Sono maggiormente le donne a chiedere aiuto: sono il 53,5 per cento, ma secondo la Caritas, non è per una «posizione di maggior svantaggio, quanto un ruolo cardine nel percorso di richiesta di aiuto». Tanti gli utenti con figli (sono quasi il 75 per cento), la metà risulta coniugato, mentre l’altra metà si divide tra celibi/nubili (25,3 per cento), separati/divorziati (15,7 per cento) e vedovi (6,2 per cento). Rispetto al passato, inoltre, diminuisce in maniera evidente il peso degli analfabeti, mentre «cresce quello di chi è in possesso di titoli medio-alti (licenza superiore, diploma universitario, laurea), pari nel complesso al 20,7 per cento – spiega il rapporto -. Va sottolineato che tra gli stranieri l’incidenza dei titoli più elevati risulta più marcata rispetto agli italiani». Complessivamente, però, le richieste di aiuto arrivano maggiormente dai possessori di licenza media inferiore (il 41,5 per cento del totale) e di licenza elementare (19,2 per cento).

In più di sei casi su dieci (62,7 per cento), le persone che si sono rivolte ai centri sono in cerca di un’occupazione, tra inoccupati e disoccupati. Questi ultimi diminuiti di peso negli anni e oggi rappresentano solo il 14,6 per cento del totale. «Tale tendenza può essere letta come una conseguenza del calo di occupazione che sta vivendo il nostro Paese – spiega il rapporto – e che produce effetti ancor più negativi su chi, già prima della crisi, viveva situazioni di fragilità sul fronte lavoro: precari, working poor, lavoratori saltuari. Quindi, se prima del 2008 in molti potevano rivolgersi alla Caritas per le difficoltà derivanti da un lavoro precario e/o instabile (o comunque inadeguato rispetto alle necessità familiari), ora la situazione sembrerebbe ulteriormente aggravata dal venir meno anche di tali forme di sostentamento, seppur insufficienti». Anche in questo caso, come in altri, tra italiani e stranieri ci sono differenze notevoli. «Tra gli immigrati risulta più alto il peso dei disoccupati e degli inoccupati (che rappresentano complessivamente il 67,6 per cento) così come più alto è il peso degli occupati (18,2 per cento), spesso legati ad attività precarie e/o a bassa remunerazione – si legge nel report -. Tra gli italiani, al contrario, è più marcata l’incidenza dei pensionati (15,2 per cento) e delle casalinghe (9,3 per cento)».

Tra i bisogni emersi prevalgono quelli riguardanti la povertà economica. «Più di un utente su due ammette di vivere in uno stato di deprivazione (54,3 per cento). Tali situazioni, vissute in modo analogo da italiani e stranieri, coincidono spesso con l’assenza di un reddito o con un livello di reddito insufficiente». Seguono i problemi occupazionali (45 per cento) e abitativi (20 per cento). «Tra gli italiani risultano non irrisorie anche le situazioni di chi vive vulnerabilità in ambito familiare (15,9 per cento) o problemi di salute (12,6 per cento) – specifica il report -. Tra gli stranieri, invece, non sono trascurabili le difficoltà strettamente collegate ai processi di immigrazione (10,6 per cento); tra queste pesano in modo particolare i problemi che nascono dall’irregolarità giuridica, dal pagamento di rimesse e da problemi burocratico-amministrativi». Le richieste di beni o servizi materiali sono la maggior parte: il 73 per cento delle richieste totali, ma non mancano quelle di ascolto (10 per cento), di sussidi economici (7 per cento) e di alloggio (4,5). Gli interventi realizzati seguono le tendenze delle richieste: l’erogazione di beni e servizi materiali rappresenta il 56,3 per cento degli interventi, tra cui spiccano la distribuzione di viveri, vestiario e i servizi di mensa. Seguono gli interventi che provvedono a sussidi economici, come il pagamento delle bollette, contributi alle spese dell’alloggio, l’acquisto di alimentari e il sostegno a spese sanitarie. Non mancano infine le attività di orientamento, maggiormente indirizzate agli stranieri.

 

16 luglio 2015