Poletti e il governo della Chiesa come servizio

Il cardinale del convegno sui "mali di Roma" al centro della giornata di studi in Vicariato. Impagliazzo: «Con lui, Paolo VI attuò un'opera vigorosa di rinnovamento». Brandolini: «Un padre e un maestro». Sapienza: «Per lui Roma era una città da servire ma soprattutto da amare»

Fedele al Papa, grande conoscitore della diocesi di Roma e capace di legami autentici con le persone. Così è stata tratteggiata la figura di Ugo Poletti quale secondo vicegerente di Roma – dal 1969 al 1972 – e in seguito, dal 1972 al 1991, come cardinale vicario di Paolo VI. Ai lavori pomeridiani del convegno di studi dedicato al porporato a trent’anni dalla conclusione del suo servizio pastorale, che si è svolto ieri, 4 novembre, nell’Aula della Conciliazione del Palazzo del Vicariato, sono intervenuti Marco Impagliazzo, professore di storia contemporanea all’Università Roma Tre, e Andrea Riccardi, docente emerito della stessa disciplina e del medesimo ateneo.

«Dopo il Vaticano II – ha spiegato Impagliazzo – Paolo VI volle attuare un’opera vigorosa di rinnovamento nella Chiesa di Roma, per la quale servivano persone nuove e Poletti rappresenta un elemento di rottura con la tradizione essendo il primo vicario in epoca contemporanea a non essere già cardinale al momento della nomina, né un ecclesiastico di fama. Il Papa lo nominò dopo aver consultato alcuni parroci romani dopo la morte improvvisa del cardinale Angelo Dell’Acqua», perché «nei tre anni di attività come vicegerente si era impegnato in un rapporto diretto e personale con il clero diocesano e inoltre conosceva già bene la città e le sue periferie, dove si recava spesso guidando da solo la sua macchina. Era dunque una figura pastorale, su cui il Papa voleva puntare per ricomporre la diocesi, polarizzata da forti tensioni». Fu in quel contesto, ha continuato l’esperto, che «maturò il convegno del febbraio 1974 sulle attese di carità e giustizia della città, meglio conosciuto come il convegno sui “mali” di Roma». Nella conferenza stampa di presentazione dell’evento, «il cardinale Poletti pronunciò parole radicali – ha ricordato Impagliazzo -, chiedendosi: “Ha la Chiesa qualcosa da dire alla società di oggi? Ha da dire che il mondo attuale è inaccettabile”, e fu per questo duramente criticato, specialmente dalla Dc e da Andreotti».

Anche Riccardi ha evidenziato come «Poletti, che aveva in realtà un’idea di governo della Chiesa come servizio, sullo stile di Paolo VI, venne criticato per il suo modo di operare, accusato di essere un accentratore perché decideva sempre come pensava lui» mentre «era un uomo mite, di letture e di incontri, nonché uno scrupoloso amministratore». Più di tutto, «nei 20 anni di attività a Roma – ha continuato lo storico – si è fatto conoscere per la sua capacità di relazione», perché essere il cardinale vicario «per lui significava prima di tutto entrare in contatto con il mondo cattolico con un approccio inclusivo di tutte le realtà e non gestire una struttura».

Anche i tre interventi che hanno interessato la tavola rotonda moderata dalla giornalista Monica Mondo hanno messo in luce sia la «sapienza di governo» di Poletti, sia la sua umanità. «Considero il cardinale un padre e un maestro – ha detto il vescovo Luca Brandolini, vicario dell’arciprete della basilica lateranense, già direttore dell’Ufficio liturgico e ausiliare con delega alla Pastorale sanitaria su nomina dello stesso Poletti -. Tutto quello che ho imparato, sia sotto il profilo umano che pastorale, l’ho imparato da lui». Il vescovo emerito di Alife-Caiazzo Valentino Di Cerbo, che con Poletti vicario guidò il Centro pastorale per l’evangelizzazione, ha ricordato come «dal Concilio Vaticano II aveva attinto uno slancio pastorale che ha interessato tutta la sua vita, conferendo dinamismo alle strutture del Vicariato e stabilendo rapporti positivi con le realtà ordinarie della diocesi». Infine, monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, ha riferito che «Poletti mi confidò come per lui Roma era una città da servire ma soprattutto da amare». A chiudere i lavori, il cardinale vicario Angelo De Donatis, che si è detto «grato per questa giornata, che rimarrà nel cuore. Fare memoria è stato importante perché ci ha portato a dire ancora una volta grazie per la nostra Chiesa di Roma».

5 novembre 2021