Pier Paolo Pasolini e l’eremita Frate Ave Maria

Il superiore generale dell’Opera Don Orione don Flavio Peloso racconta l’incontro dell’intelletuale con il religioso dell’eremo di Sant’Alberto di Butrio

Il superiore generale dell’Opera Don Orione don Flavio Peloso racconta l’incontro dell’intelletuale con il religioso dell’eremo di Sant’Alberto di Butrio

A 40 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, il superiore generale dell’Opera Don Orione don Flavio Peloso ha fatto luce ieri, lunedì 2 novembre, su una pagina poco nota della biografia dell’intellettuale: l’incontro con il venerabile frate Ave Maria, al secolo Cesare Pisano, eremita cieco morto oltre 50 anni fa, dopo aver trascorso 40 anni di vita nel segno della preghiera e dell’accoglienza spirituale nell’eremo di Sant’Alberto di Butrio.

Era la primavera del 1963, ricorda don Peloso, quando l’autore era impegnato nell’ideazione del film “Il vangelo secondo Matteo”. Pasolini, riferisce, «era interessato a conoscere da persone ritenute ‘”mistiche” e “‘sante” come pensassero a Gesù, come s’immaginassero le scene del Vangelo, come le avrebbero volute rappresentate». Fu Angela Volpini, una giovane veggente di Casanova Staffora (Pavia), a parlargli dell’eremita, già noto per fama di santità, che lei conosceva e frequentava dal 1958. Pasolini e la veggente salirono all’eremo; i due s’incontrarono e parlarono, da soli, per un paio d’ore. «Quando il loro dialogo terminò – prosegue don Peloso – e frate Ave Maria si ritirò nella sua cella, Pasolini continuò la visita agli angoli più nascosti e artistici dell’eremo. Ogni tanto usciva con qualche esclamazione del tipo: ‘”Che luogo! Che uomo! Che colloquio straordinario!”».

Al termine dell’incontro, prosegue il superiore generale degli Orionini attingendo agli archivi dell’ordine, «Volpini andò alla cella di frate Ave Maria per ringraziarlo e congedarsi. ‘”L’amico che mi hai portato oggi – le disse frate Ave Maria – ha bisogno di vedere tanta fede, tanto amore, tanta innocenza, per far uscire dal suo cuore il suo grido d’amore, oltre che di denuncia. Stagli vicino. Se quest’uomo potesse servire il Signore, chissà che cose meravigliose farebbe!”». Da ultimo, quando Pasolini ritornò per accomiatarsi, «Frate Ave Maria l’accompagnò alla porta e quasi gli gridò con la sua voce roca: ‘”Voglio dirle che qui c’è un altro amico, che sa solo pregare, ma che pregherà tanto perché lei faccia cose bellissime”».

Il racconto di don Peloso prosegue con la notizia della morte di frate Ave Maria, il 21 gennaio dell’anno dopo, comunicata a Pasolini proprio da Angela Volpini. L’intellettuale le inviò il suo libro ‘”Poesia in forma di rosa” (1961-1964), con uno scritto posto come segnalibro tra le pagine 42-43. «Gli segnalava una pagina autobiografica nella quale egli alludeva al suo incontro con l’austero e felice eremita cieco, incontrato all’eremo di Sant’Alberto di Butrio qualche mese prima».

3 novembre 2015