“Peter Pan”, da 22 anni accanto ai piccoli malati di tumore

Le cure palliative pediatriche al centro del convegno organizzato per i 22 anni della “Grande Casa”, che raccoglie idealmente le 3 strutture di accoglienza dell’associazione. 30mila in Italia i bambini che ne hanno bisogno ma solo il 5% riesce ad avervi accesso

La dignità della vita dei bambini, anche di quelli che hanno un cammino breve da percorrere, deve essere al primo posto sempre. Alla luce di questo impegno, l’Associazione Peter Pan ha festeggiato ieri sera, 9 giugno, i 22 anni dalla fondazione della Grande Casa di Peter Pan, che raccoglie idealmente le tre strutture di accoglienza per i piccoli pazienti malati di tumore che arrivano a Roma con le loro famiglie per le cure necessarie. L’organizzazione di volontariato ha proposto in particolare un convegno sulle “Cure palliative pediatriche. L’amore che cura”, che si è tenuto all’hotel Cicerone, a pochi passi da piazza Cavour.

«Da 22 anni Peter Pan è sostenibile – ha detto nel suo saluto iniziale il presidente dell’associazione Roberto Mainiero -, perché se il termine “sostenibilità”, oggi molto in uso in riferimento all’ambiente, indica la volontà di rendere la vita migliore, allora noi davvero cerchiamo di rendere le giornate migliori ai bambini malati e alle loro famiglie, donando loro quei diritti che a volte la malattia toglie». Renato Fanelli, oncologo e co-fondatore di Peter Pan, ha evidenziato come «quello che esprime la definizione di cure palliative, data dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 1998, Peter Pan lo attua da sempre, prendendo in carico non solo il bambino ma anche la sua famiglia da un punto di vista olistico, e quindi curando sì il corpo ma anche la mente e lo spirito per garantire al piccolo paziente un percorso di vita dignitoso». Ricordando che «nel mondo sono 22 milioni, e in Italia 30mila, i bambini che necessitano di cure palliative», Fanelli ha spiegato che «solo il 5% di questi riesce ad avervi accesso», mentre si tratta di un diritto sancito dalla legge n. 38 del 15 marzo 2010: “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. Da qui l’impegno richiamato da Fanelli per «far conoscere queste cure e lavorarci davvero, perché c’è un tempo per nascere e un tempo per morire, che, anche se può sembrare paradossale, deve essere il migliore possibile».

Dopo i saluti di Barbara Funari, assessore alle Politiche sociali e alla salute del Comune di Roma, che ha auspicato la realizzazione di «un nuovo modello condiviso per rendere i servizi prossimi e raggiungibili alle e dalle famiglie», Michele Salata, responsabile del Centro di cure palliative pediatriche dell’ospedale Bambino Gesù, ha presentato la struttura dedicata – la prima nel Lazio e la più grande d’Italia per posti a disposizione con 30 moduli abitativi -, inaugurata lo scorso marzo. «È una struttura residenziale alternativa all’ospedale – ha spiegato Salata -, che accoglie bambini a elevata complessità assistenziale, realizzata a misura di bambino con spazi, luoghi e arredi adeguati alle diverse età e nella quale vengono rispettate e promosse le relazioni familiari e amicali». Contrariamente a quanto si è portati a pensare, ha sottolineato il medico, «la parola-chiave dell’hospice pediatrico è “vita” perché è un luogo dove si persegue con ogni sforzo l’obiettivo di garantire la migliore qualità di vita possibile al bambino e alla sua famiglia».

10 giugno 2022