“Perfetti sconosciuti”, uno spaccato di modernità

Nella pellicola di Genovese, un ritratto che definisce con esattezza la finta libertà nella quale abbiamo tutti l’illusione di essere coinvolti

Nella pellicola di Genovese, una fotografia che definisce con esattezza la finta libertà nella quale abbiamo tutti l’illusione di essere coinvolti

A poco a poco, quasi senza che ce ne accorgessimo, una nuova schiavitù ha preso possesso di noi. In forma leggera, indolore e con molta eleganza, il telefonino è entrato nella nostra vita, con tutti i possibili collegamenti connessi. Ora ecco una commedia che ci aiuta a riflettere su questa situazione delicata che presenta anche risvolti inattesi e imprevedibili. Accade nel film Perfetti sconosciuti, diretto da Paolo Genovese, in uscita nelle sale in questa settimana. Genovese, nato a Roma nel 1966, si è fatto conoscere per una serie di commedie nelle quali esamina situazioni normali con risvolti imprevedibili: Immaturi, 2011; Immaturi. Il viaggio, 2012; Un famiglia perfetta, 2013; Tutta colpa di Freud, 2013; Sei mai stata sulla Luna?, 2015.

Rocco, chirurgo plastico, ed Eva, psichiatra, invitano a casa alcuni amici per vivere insieme la notte dell’eclisse di luna. Arrivano Bianca e Cosimo, Lele e Carlotta, e infine Peppe, solo perché, dice, la sua nuova compagna non si sente troppo bene. A un certo punto della cena, la conversazione si ferma sui cellulari, sulla loro capacità di diventare i custodi di segreti inconfessabili. Parte allora il gioco di invitare tutti i presenti a posare i telefoni aperti sulla tavola, aspettando al buio eventuali chiamate. I nuovi dispositivi telefonici sono ormai in grado di accogliere tutti gli aspetti più imprevedibili della nostra vita quotidiana. Sono memoria, archivio, agenda, posta, conversazione. Dopo quella pubblica e quella privata – dice Genovese – sono diventati la nostra vita segreta. Quella che non vogliamo far sapere e della quale ci accorgiamo però sempre troppo tardi.

Il «non detto» che diventa il «tutto in piazza» è al centro del copione scritto da Genovese con alcuni collaboratori e diretto con la consueta scioltezza narrativa. L’unità di luogo e di tempo rafforza il taglio di una dialettica serrata e incalzante, e opportunamente il copione si allarga a coinvolgere non solo argomenti di coppia e affettivi ma anche di lavoro, professionali, più realistici. Ne emerge uno spaccato di forte modernità, a definire con esattezza la finta libertà nella quale abbiamo tutti l’illusione di essere coinvolti. Mentre è esattamente il contrario. Tra equivoci, sorprese, colpi di scena, il racconto procede con crescente disappunto dei protagonisti, affidati a un gruppo di attori che si muove e dialoga in bella e stringente sintonia. Film dunque piacevole, non privo di qualche passaggio un po’ compiaciuto, e tuttavia nell’insieme di esatta attualità. Il film conferma che la commedia è sempre il termometro preferito del nostro cinema per misurare vizi, pregi e difetti della nostra vita quotidiana.

22 febbraio 2016