Perego: Scalabrini e il suo sguardo di umanità verso i migranti

Il presidente di Migrantes “legge” la figura del vescovo canonizzato da Francesco. «Una santità che ha al centro il suo impegno pastorale e sociale per gli emigranti»

«Il vescovo Giovanni Battista Scalabrini è santo. Una santità che nasce dal suo impegno sacerdotale e parrocchiale, nella catechesi e nella predicazione, nell’insegnamento e nella cura dei presbiteri, ma ha al centro il suo impegno pastorale e sociale a favore degli emigranti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento». L’arcivescovo Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, “legge” la figura del presule canonizzato ieri, 9 ottobre, da Papa Francesco. E lo fa contestualizzandola nel suo tempo, quando «dal nostro Paese, a causa della povertà in campagna e in collina partivano fino a un milione di italiani all’anno: metà verso le Americhe e l’altra metà verso i Paesi dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente».

A condividere l’impegno pastorale di Scalabrini, un vescovo amico, Geremia Bonomelli. Da due diocesi vicine, Piacenza e Cremona, «alla fine si divideranno il lavoro pastorale con i migranti: Scalabrini, con i suoi missionari, in America e Bonomelli, con i preti diocesani, in Europa – ricorda Perego -. L’impegno pastorale sarà soprattutto nel condividere il viaggio e la vita con gli emigranti italiani, perché avessero la possibilità di continuare un cammino di fede, con le celebrazioni e la catechesi in lingua italiana e l’assistenza spirituale». Scalabrini infatti aveva capito che «abbandonare gli emigranti e le loro famiglie che partivano avrebbe generato l’abbandono anche della fede e della pratica religiosa». A questo si affiancherà poi l’impegno sociale, «diretto a promuovere la tutela dei migranti contro gli agenti e mediatori di manodopera approfittatori, contro i datori di lavoro sfruttatori, per la promozione dei diritti dei lavoratori e delle loro famiglie e dei minori, sensibilizzando l’opinione pubblica e la politica in diverse occasioni – all’ Expo di Torino del 1898, al Convegno dell’Opera dei Congressi di Ferrara del 1899, ad esempio – e formulando anche proposte di legge».

La passione per la cura degli emigranti si respira nel fitto epistolario tra Scalabrini e Bonomelli, testimonianza dell’amicizia tra i due vescovi oltre che di un impegno che sfocerà per Scalabrini nella fondazione della Congregazione degli Scalabriniani e per Bonomelli nella creazione dell’Opera di assistenza per gli italiani emigrati in Europa. E proprio Bonomelli, commemorando l’amico nel 1913 ricordava il suo sguardo che «spaziava al di là della sua diocesi, dell’Italia e dell’Europa». Uno sguardo «carico di santità perché esperto di umanità, capace di dialogare con le istituzioni, di “uscire dal tempio” – riflette il presidente di Migrantes -. Ed è questo sguardo pieno di umanità che la santità del vescovo Scalabrini ci sollecita, perché “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, soprattutto dei poveri e dei malati” (G.S. 1) non ci lascino indifferenti, abbattano i muri dell’indifferenza e della prepotenza, spingano all’impegno e alla condivisione».

Nelle parole di Perego, «è uno sguardo, quello del vescovo Scalabrini, che ha una preferenza per i poveri, che allora erano i salariati sfruttati, costretti a partire per le Americhe. È uno sguardo che coinvolge oggi noi, le nostre comunità per educarci alla prossimità nei confronti dei migranti, in questo tempo in cui – come scrive Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti – “riappare “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità”».

10 ottobre 2022