Per l’economia non solo regole: servono «relazioni buone»
Leonardo Becchetti (Tor Vergata), sul superamento del «capitalismo di relazione» denunciato da Renzi: mettere in moto il «capitale sociale»
Leonardo Becchetti, docente a Tor Vergata, sul tema del superamento del «capitalismo di relazione» denunciato da Renzi: mettere in moto il «capitale sociale»
Dietro questa definizione c’è l’idea di gruppi di controllo di grandi aziende dove nei Consigli di amministrazione siedono sempre le stesse persone, che hanno incarichi di consiglio in altre 10-15 società. È chiaro che così si viene a creare un network chiuso, dove i presenti limitano l’afflusso di nuovi ingressi nel capitale azionario delle aziende italiane.
In questi casi la parola “relazione” ha quindi un’accezione decisamente negativa?
Sì, nel senso che va a favorire posizioni di rendita a scapito di altri soggetti. Basti pensare alla collusione oligopolistica, alle associazioni che promuovono i benefici dei propri aderenti a scapito degli esterni fino alle organizzazioni mafiose che portano questo utilizzo perverso della relazione all’estremo. L’accenno di Renzi si rivolge in questo ambito a quelle relazioni e quegli intrecci opachi tra grandi gruppi economici e finanziari che hanno per molto tempo caratterizzato il “salotto buono” del nostro Paese.
Come è possibile regolamentare le “relazioni” economiche?
“È chiaro che ci vogliono delle regole per evitare le cattive relazioni ma ci vogliono anche le relazioni, perché è sbagliata l’idea di un’economia fatta solo di regole. Del resto in economia quando le persone si incontrano vivono spesso una asimmetria informativa e senza garanzie contrattuali complete. A quel punto o c’è la sfiducia, oppure al contrario scatta la cooperazione: e quindi 1+1, se c’è fiducia, non fa 2 ma 3. Si parla di “superadditività”, nel senso che questo scambio reciproco di fiducia è alla base della fertilità economica e sociale. Si va oltre i limiti delle regole, c’è una reciprocità diretta e si mette in moto il “capitale sociale” produttore di quelle virtù che muovono positivamente il mercato e la società tutta.Ma come si capisce se una relazione (in economia) è positiva o no?
Il concetto di relazione è ambivalente. Ci può essere una “buona” o una “cattiva” relazione. La cartina di tornasole, come ha spiegato Mounier, consiste nel verificare quale effetto avrà tale relazione non nei confronti di chi la vive, ma verso i “terzi”. Arriviamo infatti all’estremo delle relazioni mafiose che producono effetti favorevoli a chi le intraprende ma creano danni gravissimi agli altri.
Siamo abituati a diverse forme di relazioni economiche. Basta pensare alle imprese familiari, artigianali, commerciali, alle piccole industrie, a quelle grandi, e poi all’arrivo dei fondi di investimento, il private equity, il venture capital, fino ai “fondi sovrani” di Paesi quali Cina, Arabia, Emirati e così via. Come misurare queste diverse “relazioni” ai fini della loro bontà o meno?
La dottrina sociale della Chiesa è all’altezza di queste sfide economiche e culturali?
Assolutamente sì. Sta evolvendo moltissimo, basti pensare alla Charitas in veritate a Evangelii gaudium o al Compendio della dottrina sociale, tutti testi scritti dopo l’avvento della globalizzazione. Tale dottrina ha una pregnanza e importanza fondamentale, riconosciute a livello mondiale da credenti e anche da non credenti.Quali contenuti deve avere questa “economia civile” o altrimenti detta “economia sociale di mercato”?
Parliamo di economia sociale di mercato o civile a “quattro mani” e non a “due mani”, per indicare che la somma degli interessi di cittadini e imprese si trasforma in bene comune, per la presenza non solo della mano del mercato e di quella delle istituzioni. Queste due “mani” da sole non ce la fanno. Occorrono le altre due “mani” dei cittadini responsabili che “votano con il portafoglio” e delle imprese responsabili. Questa realtà in parte già esiste. Pensiamo al commercio equo e solidale che occupa il 20-30% dei supermercati, alla finanza etica e ai fondi di investimento etici, anche loro al 30%. La sfida è che questa economia divenga maggioranza e un sistema condiviso da tutti. Il modello solo a “due mani” distrugge invece di produrre virtù sociali. E senza virtù il mercato non funziona. (Luigi Crimella)