Per le detenute con figli piccoli, inaugurata “Casa Leda”

L’evento alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Al momento ospita 4 mamme, recluse a Rebibbia femminile, e 4 bambini

L’evento alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Al momento ospita 4 mamme, di cui 3 straniere, recluse a Rebibbia femminile, e 4 bambini

Sorge nel quartiere romano dell’Eur “Casa di Leda”, all’interno di un edificio confiscato alla criminalità organizzata. Oggi, nella sua nuova vita, è una struttura protetta per mamme detenute con figli da 0 a 3 anni, aperta a fine marzo. Al momento di mamme ne ospita 4, di cui 3 straniere, tutte provenienti dal reparto femminile del carcere di Rebibbia, unico istituto penitenziario del Lazio dotato di un nido. Con loro, i loro 4 bambini. Per ciascuna di loro all’interno del centro viene elaborato un progetto educativo individuale, sotto il coordinamento tecnico di uno psicoterapeuta, mentre per i piccoli sono previste l’iscrizione al nido o alla scuola materna e l’assegnazione del pediatra.

Inaugurata questo pomeriggio, martedì 11 luglio, alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, del garante regionale dei detenuti Stefano Anastasia e del sindaco Virginia Raggi, la struttura  è il primo progetto in Italia a dare concreta attuazione alla legge 62 del 2011 in materia di valorizzazione del rapporto tra detenute madri e figli minori. Proprio per questo porta il nome di Leda Colombini, in memoria delle sue battaglie in difesa dei diritti dei bambini costretti dalla nascita a vivere in carcere.

«Grande soddisfazione» nelle parole di Stefano Anastasia. Per il garante «si tratta certamente di una prima risposta al problema della impropria detenzione di bambini e bambine all’interno delle istituzioni penitenziarie: una soluzione che assicura loro condizioni di vita più adeguate ad un sano e naturale sviluppo psico-fisico. Poi, per le madri, la struttura romana rappresenta uno strumento importante per sostenerne il percorso di reinserimento, grazie alla possibilità di esercitare a pieno la funzione genitoriale».

Il progetto legato all’apertura della Casa, prosegue Anastasia, «merita di essere ulteriormente valorizzato proprio nell’ottica di garantire un vero e completo rapporto genitoriale e di permettere ai bambini di crescere in spazi senza sbarre. È necessario quindi sostenere l’azione della magistratura e degli operatori penitenziari affinché si scelga con fiducia e giusto coraggio questa strada alternativa al carcere per le madri di figli piccoli o piccolissimi. Alla Regione e agli enti locali la responsabilità di individuare ulteriori strutture che, sull’esempio di Casa di Leda, possano effettivamente svuotare il nido di Rebibbia».

11 luglio 2017