Pena di morte, «Trump fa paura»

A parlare è Mario Marazziti, coordinatore della campagna della Comunità di Sant’Egidio per la moratoria e l’abolizione della sentenza capitale

Dopo 17 anni riprendono, negli Usa, le esecuzioni capitali comminate da tribunali federali. Il primo a essere giustiziato, il 14 luglio nell’Indiana, tramite iniezione letale, è stato Daniel Lewis Lee, condannato nel 1996 per un pluriomicidio. Un «orrore in più» e una decisione «politica», che «niente ha a che vedere con la sicurezza e con le gravi crisi sociali e sanitarie che stanno vivendo in questo momento gli Stati Uniti», commenta Mario Marazziti, coordinatore della campagna mondiale della Comunità di Sant’Egidio per la moratoria e l’abolizione della pena di morte, raggiunto dall’agenzia Dire, che parla anche di «un passo indietro», mentre in tanti Paesi del mondo si va avanti.

Quella di Daniel Lewis Lee, osserva il coordinatore della campagna, “Cities for Life – Cities Against the Death Penalty”, che raccoglie oltre 2mila città nel mondo, è la prima di quattro condanne a morte decise da tribunali federali. Nelle parole di Marazziti, è il risultato «di una campagna elettorale permanente» da parte del presidente Donald Trump, improntata sui principi di «legge, ordine e paura». Campagna che è «in difficoltà assoluta sul piano economico» ed è messa ancora più in difficoltà da una «gestione surreale della pandemia di Covid-19, che sfiora il limite della corresponsabilità, viste le migliaia di vittime che si sarebbero potute evitare con politiche basate sulle indicazioni della scienza».

Marazziti evidenzia anche la mobilitazione che la scelta della Casa Bianca ha generato. «Trump – osserva – è andato avanti per la sua strada nonostante l’opposizione di tutti». E cita la richiesta ufficiale da parte del cardinale Joseph William Tobin, l’impegno dei vescovi, un ricorso alla Corte suprema e «addirittura il parere negativo dei parenti della vittima». Non solo: nell’analisi del coordinatore della campagna mondiale di Sant’Egidio, si tratta di una decisione nefasta anche in quanto a tempismo. «L’anno scorso – ricorda all’agenzia Dire – solo sette Stati hanno applicato la pena di morte e ci sono state solo 22 esecuzioni e 33 condanne: si tratta di numeri storici».

17 luglio 2020