Pedofilia, don Di Noto: chi controlla i controllori della rete?

Il sacerdote, fondatore e presidente della onlus Meter, in audizione in commissione Infanzia. «Internet, uno dei luoghi più pericolosi per i minori»

150 pagine: il report 2019 dell’associazione Meter onlus su pedofilia e pedopornografia è stato consegnato ieri, 24 giugno, ai deputati e senatori della commissione Infanzia riunita in videoconferenza. «Unica mappatura da offrire alle istituzioni», l’ha definita don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente di Meter, ascoltato dalla commissione: «Non è una raccolta di particolari e semplici questioni legate a dati statistici ma è il completissimo lavoro che Meter compie nell’ambito della pedofilia e della sua prevenzione». Internet infatti, ha ribadito, «non offre solo tante opportunità ma è anche uno dei luoghi più pericolosi per i minori». Di qui la necessità di una valutazione e di un controllo costanti.

In sostanza, chi controlla i controllori della rete? Questa la domanda rivolta dal sacerdote a deputati e senatori. In 12 anni, dal 2002 al 2019, l’associazione, ha riferito, ha offerto più di 61.525 protocolli di segnalazione. Dati che vengono inviati alla Polizia postale italiana, con la quale è attivo un protocollo di collaborazione sin dal 2008 ma non mancano protocolli di collaborazione anche con le polizie neozelandese, polacca, spagnola, francese ed altre. «Avere protocolli – ha ricordato il sacerdote siciliano – accelera l’attività della polizia: l’aspetto investigativo ci permette di fermare questo flusso di abusi sessuali sui bambini che si vedono in foto e video».

Negli ultimi 12 anni, ha evidenziato ancora don Di Noto, «abbiamo segnalato oltre 80 milioni di foto pedoporno, 30 milioni di video in e da  tutto il mondo.  Se confrontassimo la mole del materiale e che cosa corrisponde, parliamo di milioni e milioni di vittime». Quindi, «il problema è la domanda: se fosse tuo figlio? Se fosse tua figlia? Se accadesse anche alla tua famiglia? I flussi pedoporno sono anche pedocriminali –  ha continuato -, con organizzazioni che hanno strutturato la diffusione nel mondo di questo materiale, raccolgono fondi e lucrano su questi bambini. Questo è un impegno globale e non è confinato al nostro territorio».

Uno il rimpianto del sacerdote: «Se le polizie in vari Paesi del mondo avessero preso in considerazione le nostre denunce – formali, non numeri – forse avrebbero contribuito a ridurre la produzione di materiale nel mondo e salvato veri e propri schiavi sessuali che vediamo crescere nei video». Bambini, «violentati a due anni e violentati ancora a 15. Si tratta di un fenomeno che non è marginale e un impegno che dobbiamo assumerci tutti. Non possiamo non ricordare anche e comunque la responsabilità di colossi del web e server provider che spesso di difendono dietro la tutela della privacy».

Nell’analisi di Di Noto anche il fenomeno della «pedofilia culturale», che è «evidente e non contrastato». Si tratta, ha spiegato, di «una capacità nuova di saper mettere al centro il “benessere” del bambino che viene proposta in alternativa al vero benessere dei più piccoli». E  passa sotto silenzio, «quasi con un’idea di “normalità” come le giornate dell’orgoglio pedofilo». Don Fortunato non ha dubbi: «Occorre il contrasto a una giustificazione della pedofilia, alla logica del “qualsiasi cosa è amore”, che può diventare qualcosa di inquietante».

Internet dunque, è la conclusione del fondatore di Meter, «deve avere dei sistemi di piattaforme che inibiscano una massiccia forma di pornografia adulta ma anche quella minorile, dove il fenomeno è diventato così incontrollabile perché è incontrollato. La domanda è: chi controlla i controllori?».

25 giugno 2020