Pax Christi: «Si fermino le industrie che producono armi»

In riferimento al decreto del presidente del Consiglio che non le include tra quelle per cui è disposto lo stop, l’associazione denuncia: «Pessimo segnale»

«A fronte di un impegno diffuso e sofferto e del costo economico che tante aziende dovranno pagare nei prossimi mesi, come portavoci di un tessuto sano di imprese civili e sociali, constatiamo che l’industria delle armi potrà invece continuare a lavorare anche in questo momento drammatico». La denuncia arriva da Pax Christi, in riferimento all’ultimo decreto del presidente del Consiglio che, per l’emergenza coronavirus, dispone la chiusura delle industrie che producono beni non primari.

La nota diffusa cita il testo del comunicato, nel quale sono «consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive». Dall’associazione lo definiscono «un pessimo segnale. Continuerà la produzione degli F35 a Cameri (No) – spiegano, come esempio -. Un aereo che può trasportare anche bombe nucleari. Perché accanirsi in questa direzione? Quali interessi ci sono dietro a questo progetto? Con i soldi di un solo F35 (circa 150 milioni di euro) quanti respiratori si potrebbero acquistare? Sappiamo di alcune industrie che stanno tentando di riconvertire almeno in parte la loro produzione. Questa è la strada da percorrere».

Pax Christi chiede dunque al premier Giuseppe Conte di «spiegare perché, in un momento così delicato per la storia italiana, sia consentita la produzione di armi». Ancora, chiede «l’attenzione di tutti i parlamentari italiani che hanno dimostrato attenzione ai temi dell’economia civile, perché facciano sentire la loro voce» e ai prefetti e ai sindaci dei Comuni coinvolti dalla produzione di armi chiede di «tutelare il diritto alla salute dei lavoratori e delle loro famiglie».

24 marzo 2020