Patto Italia – Albania, Msf: «Attacco al diritto d’asilo»

Per l’organizzazione, l’obiettivo è «impedire attivamente alle persone in fuga e a chi viene soccorso in mare di accedere in modo rapido e sicuro al territorio europeo»

«Sosteniamo che il patto siglato tra Italia e Albania si spinga un passo oltre gli accordi di esternalizzazione che il governo italiano o le istituzioni europee hanno firmato negli ultimi anni con Turchia, Libia e Tunisia». Medici senza frontiere (Msf) interviene sul protocollo d’intesa sottoscritto a Palazzo Chigi dalla premier Giorgia Meloni e dal primo ministro Edi Rama riguardo alla gestione dei flussi migratori. L’obiettivo, affermano, «non è più solo quello di scoraggiare le partenze, ma di impedire attivamente alle persone in fuga e a chi viene soccorso in mare di accedere in modo rapido e sicuro al territorio europeo, aggirando così gli obblighi di protezione e soccorso sanciti dal diritto internazionale e dalle Convenzioni europee».

Per Msf, «il mancato accesso al suolo italiano, la gestione extraterritoriale delle domande di asilo, l’applicazione delle procedure accelerate di frontiera e il trattenimento delle persone in un paese terzo, rappresentano un nuovo attacco sferrato al diritto di asilo, così com’è inteso oggi. Queste iniziative – aggiungono dall’organizzazione – non fanno altro che replicare politiche di contenimento e dissuasione che si sono dimostrate prive di efficacia nel lungo periodo, ma capaci di aumentare la sofferenza e la disperazione di migliaia di persone».

In attesa di conoscere nei dettagli i contenuti dell’accordo, da Medici senza frontiere esprimono preoccupazione «per le complessità logistiche e organizzative connesse al trasferimento dei sopravvissuti in mare verso l’Albania». Nello specifico, «il complicato processo di identificazione e successiva presa in carico di persone con complicazioni mediche e fragilità specifiche rischia di essere nei fatti impossibile o comunque non adeguato alle necessità». Anche l’assegnazione automatica di un porto distante anche alle navi di Guardia costiera e Marina militare, come già avviene normalmente per quelle delle ong, comporterà «ulteriori restrizioni alla capacità di intervento in mare e rischi per la salute fisica e mentale delle persone a bordo».

Dall’organizzazione ricordano, ancora, che «i precedenti tentativi di sperimentare soluzioni extraterritoriali si sono rivelati tutti fallimentari». E citano il caso delle politiche di trattenimento extraterritoriale attuate per un lungo periodo dal governo australiano: «Tra il 2017 e il 2018, nostri team hanno offerto oltre 1.500 consultazioni psicologiche a rifugiati e richiedenti asilo trasferiti forzatamente sull’isola di Nauru, riscontrando un grave livello di sofferenza mentale. Di fronte a una simile proposta avanzata nel 2022 dal governo del Regno Unito in accordo con il Ruanda, e poi definita illegittima dalla Corte d’Appello, ci eravamo dichiarati “disgustati, sconfortati e preoccupati dalla determinazione punitiva e nociva” che aveva mosso le autorità britanniche», aggiungono.

Alle autorità italiane ed europee è rivolto quindi l’invito a «concentrarsi su soluzioni più umane e coraggiose per ridurre le morti in mare e offrire accoglienza dignitosa e solidarietà a coloro che cercano protezione in Europa».

8 novembre 2023