Parolin: «Tacciano le armi e risuoni la dolce brezza della pace»

Nella basilica di San Pietro la Messa per l’Ucraina presieduta dal cardinale segretario di Stato vaticano con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Le letture in inglese e francese; due intenzioni della preghiera dei fedeli in russo e ucraino

«Ci rivolgiamo a Dio col cuore straziato per quanto accade in Ucraina, ripetendo con Papa Francesco: “Tacciano le armi, Dio sta con gli operatori di pace”. Signore Gesù, Principe della pace, guarda i tuoi figli che innalzano a te il loro grido. Aiutaci a costruire la pace. Allontana il nostro cuore dall’iniquità e orientalo verso il bene. Illumina le menti perché seguano sentieri di riconciliazione. Consola, o Dio pietoso, il cuore afflitto di tanti tuoi figli, asciuga le lacrime di quanti sono nella prova. Fa che la dolce carezza di Maria riscaldi il triste viso di tanti bambini che sono lontani dall’abbraccio dei loro cari. Tu che sei il Creatore del mondo, salva questa terra dalla distruzione della morte diffusa. Fa che tacciano le armi e risuoni la dolce brezza della pace. Signore Dio della speranza, abbi pietà di questa umanità sorda e aiutala a ritrovare il coraggio del perdono».

Con questa vibrante implorazione, il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, ha concluso l’omelia pronunciata durante la Messa celebrata ieri sera, 16 marzo, all’altare della Cattedra nella basilica di San Pietro, per la pace in Ucraina. Era presente il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Una liturgia che ha visto la proclamazione delle letture in inglese e francese, mentre due intenzioni della preghiera dei fedeli sono state lette in russo e in ucraino. Con i diplomatici c’era anche l’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati.

«Siamo qui per implorare da Dio il dono della pace in Ucraina e per chiedergli di aiutare ogni uomo e ogni donna di buona volontà a essere artigiano di pace», ha esordito il cardinale. Citando le beatitudini, Parolin ha sottolineato che «la pace è una caratteristica di Dio stesso» ma è «ben differente la realtà che stiamo sperimentando» e ha richiamato le parole contro la guerra pronunciate domenica 13 marzo dal Papa all’Angelus. «Se siamo qui a pregare per la pace è perché siamo convinti che la preghiera non è mai inutile – ha aggiunto -. Può incidere sulle situazioni umanamente più disperate e soprattutto può cambiare cuori e menti». E ancora una volta ha citato il Papa e l’omelia di sabato 12 marzo nella chiesa del Gesù sull’efficacia della preghiera.

Parolin ha dunque ringraziato «il corpo diplomatico per aver voluto questo momento di preghiera», invitando a lasciarsi illuminare dal Vangelo proclamato: l’episodio della richiesta della madre di Giacomo e Giovanni sui posti d’onore per i figli. «Desiderio apparentemente legittimo di una madre che vuole il meglio per i suoi figli» ma che «fa a pugni con le parole pronunciate da Gesù» poco prima. Uno «scontro tra due diverse logiche, due diverse glorie: quella di Dio che passa attraverso la croce e quella degli uomini alla ricerca di successo mondano e potere». Su questo si gioca la storia del mondo intero, ha detto il cardinale. Una gloria che nonostante «le apparenze contrarie porta alla morte, al vuoto, al nulla» e l’altra che «sembra sconfitta ma conduce alla vita e alla risurrezione. Con semplicità è presentata a noi la grandezza di Dio» che è «essenzialmente servizio», come Gesù mostra nell’ultima cena, ha ricordato il porporato. «Non pensate che se mettessimo davvero in pratica le parole di Gesù, l’esempio di Gesù, tutti i conflitti della terra a poco a poco scomparirebbero? Non pensate che se dessimo ascolto all’invito di Nostro Signore tacerebbero le armi, anzi non si dovrebbero nemmeno produrre?». Il Segretario di Stato ha quindi ricordato la vicenda di Geremia, «uomo scomodo» che i nemici volevano eliminare. Una «guerra interna di tanti secoli fa ma pur sempre guerra, che trova radice nel profondo squilibrio radicato nel cuore dell’uomo», come ricorda la Gaudium et Spes.

Ogni conflitto, infatti, non ha solo un «carattere politico ed economico ma anche spirituale. Proprio su questo piano spirituale – ha proseguito il segretario di Stato vaticano – vogliamo lasciarci interpellare e fissare nel nostro cuore le parole di Gesù: “Tra voi non sarà così”. Il credente con la sua parola e la sua vita testimonia che la gloria di Dio non è opprimere ma il contrario: è riempire il mondo di bellezza e bontà che costruisce la pace». Parolin ha poi ricordato la Pacem in Terris di san Giovanni XXIII con le «quattro condizioni fondamentali per costruire la pace: rispetto della verità, tensione verso la giustizia, amore fraterno che rifugge da mezzi violenti, libertà che rifugge ogni imposizione». E quanto scriveva poi san Giovanni Paolo II sul rispetto della verità, fondamento della pace se ogni individuo prenderà coscienza dei propri doveri verso gli altri. La pace è l’eredità di Gesù. Per questo «il discepolo di Cristo non perde mai la speranza» e «ama la pace di Cristo chi nella preghiera ogni giorno chiede che la vera pace regni». Costui «contribuisce efficacemente a rendere la terra più misericordiosa e più umana», ha concluso Parolin prima di innalzare al Cielo la preghiera finale.

17 marzo 2022