Parolin: «Il Papa riposa. È ben collegato con la Chiesa e i fedeli»

Il segretario di Stato vaticano intervenuto alla Cattedra dell’accoglienza, a Sacrofano. Sui conflitti: «La Santa Sede continua ad alzare la voce in difesa dei principi della convivenza umana»

«Il Papa è a Santa Marta. Riposa, quindi non vede nessuno». Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin lo ha affermato ieri, 27 marzo, intervenendo a margine del suo intervento alla “Cattedra dell’accoglienza”, a Sacrofano. «Non vede nessuno – ha aggiunto -. Per quella che è mia conoscenza, in questo momento, non ha udienze, non riceve e altre notizie io non ho. Comunque penso che l’importante è appunto che trovi il tempo per riprendersi un po’ alla volta, e questa è l’unica condizione: quella di stare tranquillo e di non svolgere nessuna attività, soprattutto pubblica». Pure in questo contesto, «mi pare che il Papa è ben collegato con tutta la Chiesa e con tutti i fedeli – ha osservato il porporato -. Lo hanno dimostrato tutte le manifestazioni di affetto e soprattutto di preghiera con cui è stato accompagnato durante i giorni della sua malattia e che continuano. Ricevo continuamente messaggi di persone che dicono: “Stiamo pregando per il Papa, stiamo pregando per la sua piena ripresa, per il suo ristabilimento, perché possa tornare a svolgere la sua attività, a governare la Chiesa”. Forse non come prima – ha rilevato -, bisognerà trovare maniere diverse, ma che comunque sia in grado di farlo».

Sul tavolo anche il tema delle celebrazioni della Settimana Santa, il cui calendario è stato diffuso proprio ieri, nel quale si nota l’assenza della Messa in Coena Domini. «Normalmente si faceva fuori in qualche istituto, in carcere, oppure in ospedale – ha ricordato Parolin -. Quindi immagino che, appunto, quest’anno non è pensabile che il Papa possa uscire. Per il programma si vedrà. Si vedrà se il Papa è in grado, appunto, di presiedere le celebrazioni, oppure se delegherà qualche cardinale a farlo a suo nome». Anche sulla Via Crucis al Colosseo, ha riferito che «ancora non si è stabilito chi sarà a presiederla, ma immagino che, essendo anche una realtà locale della Chiesa di Roma, probabilmente sarà presieduta dal vicario, però ancora non si è fatto nessun nome».

Sui conflitti in atto, Parolin è tornato sulle parole scritte da Francesco al Corriere della Sera nei giorni del ricovero al Gemelli. «Bisogna cominciare a disarmare le parole per evitare che poi diventino conflitti e diventi guerra guerreggiata». Per quanto riguarda in particolare l’Ucraina, «i negoziati continuano – ha evidenziato -. Io spero che possano davvero arrivare a delle conclusioni positive. Credo che l’importante è che si negozi senza precondizioni, in modo tale che si trovi un punto di accordo e si possa arrivare alla fine a una tregua, prima, e poi un negoziato vero e proprio per arrivare a quella pace giusta e duratura che tutti auspichiamo e che penso anche le parti stesse desiderano ottenere». Su Gaza, «avevamo tante speranze che questa tregua, che era stata una tregua temporanea, diventasse permanente e anche lì si potesse avviare un discorso di pacificazione e di ricostruzione. Credo che dalle due parti bisogna avere un grande senso di moderazione, forse che non è stato esercitato. Sia da parte di Hamas, sia da parte degli israeliani. Cioè cercare di trovare una via per risolvere il problema che c’è senza bisogno di ricorrere alle armi».

Ancora, ricordando il 20° anniversario della morte di Karol Wojtyla, il prossimo 2 aprile, il porporato ha ricordato l’appello lanciato da Giovanni Paolo II e che caratterizzò tutto il suo pontificato: «”Aprite le porte a Cristo!” Perché in lui, soltanto in lui – ha concluso -, si trova la salvezza e soltanto in lui si trova una risposta ai grandi problemi che l’uomo soffre oggi come soffriva ieri e che continuerà a soffrire».

Poco prima, nel suo intervento alla Cattedra dell’accoglienza, il cardinale aveva allargato lo sguardo al consesso internazionale. «Credo che gli spazi che sono a nostra disposizione come Chiesa sono ampi, forse dovremmo occuparli meglio. “La Santa Sede deve continuare ad alzare la sua voce”: lo sento spesso e ne rimango colpito. C’è questa nostalgia e noi dovremmo partire di là per riuscire a far passare queste idee, questi convincimenti che potrebbero aiutare il mondo a vivere in maniera diversa. Abbiamo ancora tanto spazio da occupare o da occupare meglio – le sue parole -. Le iniziative di formazione sono molto utili, specie quelle legate alla dottrina sociale della Chiesa. Dobbiamo saper affrontare le cause di questi conflitti e la dottrina sociale della Chiesa è una risposta. Ci sono difficoltà per la Santa Sede a partecipare ai temi internazionali, penso ai temi etici, a quelli della famiglia. Ma nonostante queste difficoltà, la Santa Sede resta lì per continuare ad alzare la sua voce in difesa dei principi della convivenza umana».

Tornando sul ruolo degli organismi  internazionali, il segretario di Stato vaticano ha sollecitato la necessità di un cambiamento che li renda capaci di adattarsi alle «nuove realtà del mondo. Da quanti anni – ha ricordato – si parla di riforma dell’Onu, del Consiglio di sicurezza dell’Onu? Non si è riusciti a cambiare nulla, si continua a discutere e a riflettere. Forse – ha proseguito – si è perduta la speranza di cambiare questo sistema che è un sistema di blocco reciproco che non permette di affrontare i reali problemi della società. Adeguare gli organismi internazionali alla realtà che si è prodotta negli ultimi decenni. C’è interesse a riformarli affinché funzionino adeguatamente o si preferisce ispirarsi ad altri principi?».

Ancora, il riferimento al tema della migrazione e all’«atteggiamento negativo» al riguardo, «pur riconoscendo che l’Europa ha un estremo bisogno dei migranti». Nell’analisi del segretario di Stato vaticano, «ella nostra Europa c’è la diffusa paura di un’invasione. Bisognerebbe riuscire a smontare questa visione e avere un approccio più positivo verso questi nostri fratelli e sorelle che fuggono da situazioni di estrema miseria o conflitto. Offrire spazi di accoglienza ai migranti penso sia fondamentale». Riguardo poi alla fuga dei cristiani dal Medioriente, ha sottolineato che «dal punto di vista numerico, la presenza cristiana si sta impoverendo e questa è una grande tragedia dal punto di vista religioso perché questi sono i luoghi in cui è nato il cristianesimo. Credo – ha continuato – che la fuga dei cristiani sia una tragedia anche perché sono una presenza di moderazione in tante situazioni e possono contribuire ad attenuare le tensioni. Una società senza cristiani rischia di diventare radicalizzata ed estremista».

Interpellato infine sui temi etici, il porporato ha rilevato che «c’è una difficoltà ad accettare il punto di vista cristiano su tante tematiche che oggi vanno per un cammino diverso, una sorta di intolleranza verso le posizioni cristiane sui temi della vita, sul rapporto uomo-donna. Si cerca di mettere sotto silenzio la voce dei cristiani. Invece dobbiamo sollevare questi temi perché ne va dell’umanità dell’uomo».

28 marzo 2025