Papa in Slovacchia: «Il nome di Dio disonorato quando si viola la dignità dell’uomo»

Lo ha detto incontrando la comunità ebraica a Bratislava, con alcuni sopravvissuti alla Shoah. Ai vescovi: «Nuovi alfabeti per annunciare la fede»

Ancora una condanna ferma dell’antisemitismo, dopo quella già pronunciata a Budapest, nell’incontro con il Consilio ecumenico delle Chiese e alcune comunità ebraiche ungheresi. A Bratislava, incontrando ieri, 13 settembre, la comunità ebraica slovacca e ascoltando la testimonianza di alcuni sopravvissuti alla Shoah, Francesco lo ha ribadito con forza: «Siamo uniti nel condannare ogni violenza, ogni forma di antisemitismo, e nell’impegnarci perché non venga profanata l’immagine di Dio nella creatura umana. Sono qui come pellegrino – ha detto – per toccare questo luogo ed esserne toccato. La piazza dove ci troviamo è molto significativa per la vostra comunità. Mantiene vivo il ricordo di un ricco passato: è stata per secoli parte del quartiere ebraico. Qui c’era una sinagoga, proprio accanto alla cattedrale dell’Incoronazione». Anche l’architettura, ha osservato il Papa, «esprimeva la pacifica convivenza delle due comunità, simbolo raro e di grande portata evocativa, segno stupendo di unità nel nome del Dio dei nostri padri. Qui – ha continuato – avverto anch’io il bisogno, come tanti di loro, di “togliermi i sandali”, perché mi trovo in un luogo benedetto dalla fraternità degli uomini nel nome dell’Altissimo».

In seguito, però, «il nome di Dio è stato disonorato: nella follia dell’odio, durante la seconda guerra mondiale, più di centomila ebrei slovacchi furono uccisi. E quando poi si vollero cancellare le tracce della comunità, qui la sinagoga fu demolita. Il nome divino, cioè la sua stessa realtà personale, è nominata invano quando si viola la dignità unica e irripetibile dell’uomo, creato a sua immagine – la riflessione del pontefice -. Qui il nome di Dio è stato disonorato, perché la blasfemia peggiore che gli si può arrecare è quella di usarlo per i propri scopi, anziché per rispettare e amare gli altri. Qui, davanti alla storia del popolo ebraico, segnata da questo affronto tragico e inenarrabile, ci vergogniamo ad ammetterlo: quante volte il nome ineffabile dell’Altissimo è stato usato per indicibili atti di disumanità! Quanti oppressori hanno dichiarato: “Dio è con noi”; ma erano loro a non essere con Dio».

Il Papa è arrivato a Bratislava, la seconda città visitata nel suo 34° viaggio apostolico, già nel pomeriggio del 12 settembre, dopo la Messa conclusiva del Congresso eucaristico internazionale a Budapest. Ieri mattina, 13 settembre, ha incontrato anzitutto le autorità, la società civile e il corpo diplomatico, nel giardino del Palazzo presidenziale, esprimendo l’auspicio che «questo Paese riaffermi il suo messaggio di integrazione e di pace», raccogliendo «l’eredità dei santi fratelli Cirillo e Metodio», e che «l’Europa si distingua per una solidarietà che, valicandone i confini, possa riportarla al centro della storia». Al centro del suo discorso, l’attenzione prioritaria ai giovani, «protagonisti del futuro del Paese», e il sostegno a una «visione cristiana della società», contro il «pensiero unico» e contro ogni «colonizzazione ideologica». Quindi l’incontro con i vescovi, nella cattedrale di San Martino, ai quali Francesco ha voluto ricordare che «la Chiesa non è una fortezza» e che «il centro della Chiesa non è la Chiesa. La prima cosa di cui abbiamo bisogno – ha chiarito –  è una Chiesa che cammina insieme, che percorre le strade della vita con la fiaccola del Vangelo accesa». Di qui l’invito: «Immergiamoci nella vita reale della gente e chiediamoci: quali sono i bisogni e le attese spirituali del nostro popolo? Che cosa si aspetta dalla Chiesa?».

Nell’analisi del pontefice, il compito «più urgente» della comunità ecclesiale, non solo in Slovacchia ma «presso i popoli dell’Europa», è quello di «trovare nuovi alfabeti per annunciare la fede». Il modello, ancora una volta, viene dalla lezione di Cirillo e Metodio, che «percorsero insieme questa parte del continente europeo e, ardenti di passione per l’annuncio del Vangelo, arrivarono a inventare un nuovo alfabeto per la traduzione della Bibbia, dei testi liturgici e della dottrina cristiana. Davanti a una generazione che non crede, che ha perso il senso della fede o l’ha ridota ad abitudine o cultura più o meno accettabile, cerchiamo di aprire un buco, siamo creativi», è l’appello. A cui segue una raccomandazione: durante le celebrazioni, «l’omelia non deve andare oltre i 10 minuti. Che la gente sene vada con un’idea, con un’immagine e con qualcosa che si è mosso nel cuore –  l’esortazione del Papa -. Così predicava Gesù, con le cose concrete ma che la gente capiva». Parole, queste, salutate da un caloroso applauso dei presenti. E il Papa ha scherzato, sempre a braccio: «Permettetemi una malignità: l’applauso lo hanno cominciato le suore, che sono le vittime delle nostre omelie».

Prima di incontrare la comunità ebraica, Francesco ha visitato anche il “Centro Betlemme” di Bratislava, gestito dalle Missionarie della Carità, in un quartiere periferico della città, simbolo dell’edilizia popolare comunista degli anni Settanta: una ex scuola incastonata tra grandi palazzoni dove sul muro perimetrale esterno oggi campeggia un murales con la scritta “Noi preghiamo per te”. Questa mattina, 14 settembre, l’arrivo a Kosice, quindi la Divina liturgia bizantina di san Giovanni Crisostomo, che presiederà a Presov. Due gli incontri del pomeriggio: alle 16 con la comunità Rom nel Quartiere Lunìq IX a Kosice, a cui il Papa porterà un saluto, e alle 17 l’incontro con i giovani, ai quali indirizzerà un discorso presso lo Stadio Lokomotiva a Kosice. La partenza in aereo per Bratislava è prevista alle 18.30, con arrivo un’ora dopo.

14 settembre 2021